Val di Non ad ogni paese il suo soprannome

Val di Non ad ogni paese il suo soprannome

Cavareno, il paese dei ‘sorsi’. – Cles, il paese delle ‘scudele’.

I Cavarenesi sono detti “Sorsi” e cioè Topi. L’origine, più che probabile di questa nomea, in apparenza non troppo esaltante, ce la spiega la ‘cavarenese docMaria Maddalena Springhetti, che ringraziamo per la sua ricerca.

Il perché di questo nome si perde nella notte dei tempi” – scrive nella lettera a “Il Melo”. E racconta: Di certo si sa soltanto che il pittore Giovan Battista Lampi (Romeno 1751 – Vienna 1830) nel 1776 poco più che ventenne, realizzò la pala dell’altare della nostra chiesa e alcuni quadri tutt’ora presenti all’interno dell’edificio e che in quella data il soprannome veniva già usato.

Monsignor Luigi Rosati scrive che… “Alcuni dipinti ad olio, del pittore Giovan Battista Lampi, sono le tre facce del pulpito della chiesa vecchia di Cavareno: al centro una Maddalena a destra S. Antonio e a sinistra San Giovanni Evangelista. Due vasi di fiori completano il dipinto. Nel San Giovanni si osserva una cosa contraria ad ogni buon costume, ed è che mentre egli tiene in mano una penna come per voler scrivere, disgraziatamente la tiene con la sinistra…. Ed avendolo quei di Cavareno burlato…. se ne vendicò dipingendo nella porticina di detto pulpito un piccolo sorcio che si nascondeva dietro i fiori”.

Il soprannome ha quindi avuto l’avvallo di un artista che nel tempo diventò molto importante in Europa e, se in passato poteva essere considerato una burla che i Cavarenesi vivevano come un insulto, in seguito è diventato quasi una bandiera, un nome di cui andare orgogliosi. Tanto che perfino il Comune ha voluto mettere due grossi ‘sorsi’ stilizzati di legno a dare il benvenuto a chi a Cavareno ci entra da sud.  

“E’ questo cambiamento che incuriosisce” – sottolinea Maria Maddalela Springhetti. Com’è stato possibile si chiede – che il significato del soprannome “Sorsi” passasse dall’essere considerato un insulto ad essere percepito quasi come un vezzeggiativo?

Non è facile rispondere a questa domanda. Dopo aver fatto una lunga ricerca che l’ha portata ad incontrare molti personaggi “sorsi” ha scoperto che, quasi sempre, hanno un’allure positiva, basti pensare a Topolino, Geronimo Stilton. ha incontrato opere d’arte, poesie e tanto altro dedicato ai topi. …  Ma alla fine credo che la considerazione dei topi sia cambiata con il cambiare della vita quotidiana, quando si è passati dall’avere depositi di cereali, patate, salami, verdure nelle cantine, al poter disporre di frigorifero e supermercati a due passi da casa. I topi non più ladri delle riserve della famiglia ma simpatici personaggi dei fumetti.

Tanto che le decorazioni di Natale, a Cavareno, sono state fatte ispirandosi a questi animali.


Scudelàri, questo il nomignolo de “chei da Cles”, la comunità degli scudelari. Così un tempo erano definiti gli abitanti del capoluogo noneso e questo in seguito ad una produzione tradizionale, quella delle stoviglie (piatti, tazze … le scudele, come erano definite in dialetto; da queste, appunto, il nomignolo) perché c’era una fiorente industria che lavorava l’argilla (la copàra). Da qui i venditori ambulanti si recavano in altri centri per vendere quelle stoviglie ed il marchio “scudelari” si ampliò fino a comprendere l’intera popolazione del paese.

Il termine è tornato d’attualità da un po’ di anni anche grazie al “chjalendari scudelar” che fa rivivere aspetti e mestieri della ‘vecchia’ Cles.  Come scrive Enrico Quaresima nel suo “Vocabolario Anaunico Solandro”, scudelàr (da ‘scodela’ rispetto all’originale noneso scudlér, cucchiaio ora cuciàr) “è una forma secondaria arrivata in prestito dal trentino. Il termine era usato dapprima sicuramente da parte di qualche venditore ambulante clesiano, le cui frequenti comparse nei paesi della Val di Non diedero modo agli abitanti di questi di affibbiare il nomignolo di Scudelari all’intera popolazione di Cles”. In proposito sempre il Quaresima cita un episodio dell’immediato secondo Dopoguerra in un’osteria di Casez “quando, una domenica del 1948, comparve sui giornali di Trento la notizia che il nuovo invaso idroelettrico allora costruito dalla Soc. Edison sul medio Noce avrebbe portato il nome di <Lago di Cles>”. E non quello, poi diventato prevalente ed ufficiale, di Lago di Santa Giustina, come la gente della valle avrebbe preferito.  Al sentir leggere quelle parole sul giornale – riporta il Quaresima –  uno degli avventori  sbottò a dire: “Maledeti Scudelàri, ancia l lac i vuèl portarse via!”. Polemica, per chi lo ricorda, andata avanti per alcuni decenni con cartine stradali e mappe turistiche che indicavano il grande invaso noneso appunto come ‘lago di Cles’!

Giacomo Eccher