LA FAMIGLIA MARCOLLA DI VIGO DI TON
Una famiglia di antica nobiltà gentile, con un ramo non nobile ed un inedito veronese
Tra le famiglie trentine di antica nobiltà gentile, ovvero vescovile, la famiglia Marcolla di Vigo di Ton è una di quelle più documentate e conosciute. Il cognome, diminutivo/vezzeggiativo del nome Marco, è chiaramente preso dal capostipite, che ci è noto da una pergamena del 1450, in cui Sigismondo I Thun stipula un contratto di locazione perpetua proprio con Marcola ‘Scudeleta’ da Vigo di Ton, concedendogli alcuni beni e masi, poi sempre in possesso dei discendenti. Il particolare epiteto ‘Scudeleta’ fu probabilmente derivato dal termine dialettizzato di denaro ‘scodellato’, ovvero moneta leggermente concava, in uso anche in Tirolo. Quindi tale Marcola e i suoi antenati maneggiavano probabilmente denaro con frequenza, essendo ad esempio, prestatori, ma anche esattori di tasse, ecc. D’altro lato possiamo ricercare un’ipotetica origine da antenati ancor più antichi, definiti con questo termine così particolare; così, sempre appellati come ‘Scudeleta’, abbiamo (anche se un secolo prima) nel territorio di Coredo, ‘Benvenuto detto Scudeleta fu Oluradino’ (1330) e Pasio, figlio di questo Benvenuto (sempre nel 1330) , oltre a suo fratello, Corrado (1358), investiti tutti di beni a Coredo, da parte dei Thun. L’origine da Coredo anche dei Marcolla di Vigo, quindi, è assai probabile e può essere rafforzata da altre considerazioni, fondate proprio sulla particolarità del termine ‘Scudeleta’: tra i sudditi di Pietro fu Simone Thun (quindi il fratello di quello che concesse i beni agli ‘Scudeleta’ di Coredo) compare nel 1363 proprio un Antonio fu Scudeleta, detto qui da Vigo (forse altro fratello di Pasio e Corrado, trasferito da Coredo a Vigo). Inoltre, se questi di Coredo li considerassimo (dati i nomi) derivati dai primi signori del paese, poi decaduti e ridotti in servitù, ecco che il simbolo del levriero, anche nello stemma dei Marcolla, potrebbe sostenere una provenienza da qui, dato che lo posseggono anche i signori di Mollaro, altro ramo accertato dei signori di Coredo.
Insomma, possiamo scorgere un’origine locale dei Marcolla, smentendo quella voce, sostenuta anche dal conte Zdenko Thun, secondo cui il primo Marcola sarebbe venuto da Venezia, al seguito di Antonia De Caballis, che aveva sposato Giacomo II Thun. In realtà, il matrimonio col Thun avvenne nel 1453, laddove il primo Marcola menzionato a Vigo è già nel 1450, come visto sopra, e non proveniente da fuori.
La famiglia si divise da subito in due rami, il che smentisce anche che tutti i Marcolla siano nobili. In realtà, il primo figlio di Marcola, cioè Giovanni, venne ‘manomesso’, cioè liberato dalla sudditanza verso i signori Thun, nel 1453. Il 29 gennaio 1491 i suoi figli Salvatore, Antonio, Marcola, Cristoforo, Gervasio e Pietro, ottennero la nobiltà gentile dal Principe Vescovo Udalrico Frundsberg, con lo stemma del levriero, che tiene una stella (sul sigillo di don Giovanni Battista, priore a san Romedio, ai primi del ‘700).
Questa fu poi riconfermata ad Andrea e al figlio Antonio nel 1749.
Altro figlio di Marcola fu Guglielmo, che invece rimase sotto la signoria dei Thun, con i figli Leonardo e Antonio, capostipiti della maggior parte dei Marcolla ad oggi viventi. Un figlio di Antonio, altro Guglielmo, chiese infatti ed ottenne nel 1486 la manumissione al suo signore, Vittore Thun, per poter accedere al sacerdozio. Compare come ‘presbiter’ e come notaio, negli anni successivi e dal 1492 al 1497 fu vice pievano di Vigo.
Tornando al ramo nobile, si distinsero poi ser Nicolò, figlio di Pietro, che fu definito ‘mastro calzolaio’ di professione, come il padre, ma anche notaio e capitano a castel Rocchetta, nella prima metà del ‘500, oltre che agente degli stessi Thun. È spesso nominato anche assieme ai fratelli Gregorio, Salvatore e Giovanni, nomi tipici di questo ramo e fece anche da arbitro in una lite per confini sul monte Costa, tra Giovo e Lisignago, nel 1566.
Poi, i sacerdoti Nicolò, vice pievano di Cles nel 1520, che seguì i lavori della nuova fabbrica ‘clesiana’ della chiesa parrocchiale e soprattutto Giovanni ‘de Marcollis’, che fu nominato nel 1533 pievano di Civezzano dallo stesso cardinale Clesio, che ne tesse le lodi in 2 lettere e poi Giovanni Battista Marcolla, ai primi ‘700 priore dell’eremo di San Romedio, di cui i Thun possedevano il patronato.

La famiglia Marcolla donò nel 1538 alla chiesa di Vigo in rifacimento un bellissimo altare ligneo, dedicato a sant’Antonio Abate, con colonne laterali, che celano lo stemma del casato su entrambe i lati , che celano lo stemma del casato su entrambe i lati. Nel 1740 lo stesso fu impreziosito con una pala della Madonna in trono, con bambino e santi, eseguita da Francesco Guardi, su richiesta dello zio Antonio, allora pievano di Vigo, prima che il giovane pittore prendesse per sempre la via di Venezia.
Importante anche don Romedio Marcolla, che fondò nel 1739 il ‘beneficio primissariale di Vigo’, ovvero l’istituzione di un cappellano, dedito alla celebrazione della prima messa mattutina, destinandovi 7 stabili e 2 case, di cui una divenne proprio la casa del primissario, ancor oggi di fronte alla parrocchiale. Poco più sopra, in via Crosara, era anche la casa avita della famiglia, destinata spesso a sede per le riunioni della regola, col suo grande cortile interno.
Ancora, don Gregorio Marcolla morto a Buenos Aires, che nel 1914 donò un campo alla cappella della Madonna delle Grazie, posta nel punto più alto della piazza centrale ed edificata nel 1791.
Come anticipato, ci fu anche un ramo illustre a Verona a fine ‘600, con Giorgio, padre di Antonio e Anna, i quali, scrivendo nel 1714 e 1716 ai Thun, parlano proprio di affari e proprietà ancora in sospeso a Vigo. Giorgio fu padre anche di Giovanni Battista e nonno di Marco, entrambe valenti pittori del ‘700: in particolare, Marco affrescò magnificamente la volta della loggia del seminario maggiore di Verona e fece quadri di genere soprattutto carnevalesco, ma per certi versi ricercati.

Altro ramo originò da qui e comprende Francesco, che fu medico chirurgo sul finire del ‘700, legato anche alle città di Parma e Venezia e del quale esiste un bel monumento, presso il municipio di Avesa (Vr).

