Sacrestani a Mechel

Sacrestani a Mechel

Il sacrestano (o sacristano), figura sempre presente in ogni Chiesa, per definizione è una persona che ha il compito di tenere in ordine la sacrestia (da cui prende il nome) di pulire, di sorvegliare e custodire la chiesa, nonché di coadiuvare il sacerdote in vari compiti pratici. Si occupa inoltre degli arredi sacri, del decoro della chiesa per le diverse ricorrenze e festività, predispone quanto necessario per le diverse funzioni. A lui il compito di aprire e chiudere la chiesa, occuparsi dei fiori, cambiare gli addobbi, raccogliere le offerte (elemosina), presenziare a tutte le funzioni con partecipazione attenta. è il responsabile del suono delle campane. Si occupa cioè degli aspetti materiali della vita quotidiana di una Chiesa e della sua sacrestia, stanza di servizio dove avviene la vestizione dei ministri del culto, si conservano i paramenti liturgici e gli oggetti sacri necessari alla liturgia.

Anche la chiesa di Mechel nel corso dei secoli ha avuto i suoi sacrestani. Il primo menzionato nei documenti parrocchiali è Antonio Poletti 1778-1860. Anticamente il sacrestano veniva chiamato Monec e questo gli valse lo scotum (soprannome di famiglia) Mongi che lo portano tuttora tutti i suoi discendenti. 

Lo possiamo definire il sacrestano per antonomasia: viene così nominato nel registro dei battesimi nel 1830 alla nascita di sua figlia Lucia e alla morte nel 1831 del figlioletto Antonio di 7 anni. Nello Status Animarum del 1832 don Lorenzo Poletti (Micei) ne indica la professione; nominato infine nel registro dei morti nell’anno 1860. Anche suo figlio Luigi Poletti 1826 Mongi risulta tale nel registro Battesimi alla nascita della figlia.

Il sacrestano aveva compiti ben precisi e ne è testimonianza il manuale redatto e aggiornato fino alla terza edizione da Don Angelo Decaminada (Cis 1863 – Mechel 1949) che fu “curatore d’anime” per 50 anni a Mechel. Porta data 1934 un quaderno con le istruzioni dettagliate su doveri e norme per il sacrestano. Si tratta di un centinaio di pagine manoscritte riportanti tutti i compiti del sacrestano in seno alla Chiesa. Fa riferimento anche ai tempi e alle modalità circa il suono delle campane, nonché la regolazione dell’orologio. Il punto 26 del manuale recita: “Deve caricare e tenere registrato l’orologio comunale, suonare la scuola alle ore indicate dall’autorità scolastica locale.” L’orologio esistente in quel periodo, senza quadranti, esterni è chiamato “comunale” e per tenere registrato lo stesso e per il suono della campana per la scuola il sagrestano percepiva dalla cassa comunale lire 30, con l’obbligo di pulizia all’interno del campanile: “una volta all’anno deve spazzare le scale del campanile”.

Interessante anche la documentazione degli orari delle funzioni religiose e le annotazioni relative a tradizioni che si sono perse nel corso dei decenni. Il sacrestano rappresentava il direttore d’orchestra per il suono delle campane. “Il giorno di Natale appena si incomincia il canto del ‘Te Deum’ si suonano tutte le campane, continuandone il suono fino alla fine del ‘Te Deum’. (…) Intonato il ‘Gloria in excelsis’ si suona solennemente e con tutte le campane l’Ave Maria.

Si deve fare il campanò avanti la festa del patrocinio di san Giuseppe, Sacro Cuore, di san Lorenzo, dell’Assunzione, dell’Addolorata, del santo Rosario e avanti la Messa cantata della festa del Corpus Domini e delle due domeniche del mese quando si fa processione”.

Si riporta: Il venerdì santo e il sabato santo, di mattina, assai per tempo, specialmente se la stagione è avanzata, il sacrestano aprirà la chiesa e colla ranella darà per le vie del paese il segno dell’Ave Maria.

Nel caso di defunti: Appena viene dato al sacrestano…(omissis) e ricevuto l’avviso dell’avvenuta morte, suonerà il trapasso precisamente “se è un uomo con la campana grande, se è una donna con la seconda campana”. (Questa modalità è tuttora vigente in paese).  Ad Antonio e Luigi Poletti come sacrestani seguirono in ordine cronologico: Leonardi Giorgio, Emanuele e Pietro, Agostini Arcangelo Luigi, Michele, Candido e Gioacchino. Questi ultimi due sono indicati dal parroco come testimoni a due matrimoni nel 1903. Seguirono poi Torresani Bortolo, Borghesi Giuseppe, Poletti Attilio e Bruno (padre di chi scrive), Nicolodi Celestino e Silvio, Odorizzi Giuseppe, Leonardi Gioconda e Fabrizio. Qualche altro del passato è sicuramente sfuggito alla ricerca. Attualmente diverse persone sono di aiuto al sacrestano e collaborano a titolo di volontariato alle pulizie e al decoro interno ed esterno della chiesa. Ciò crea un momento di ritrovo e un forte senso di appartenenza alla comunità. Un simpatico aneddoto racconta che in una parrocchia trentina un tal parroco sapendo che il sacrestano aveva l’abitudine di alzare un po’ il gomito gli disse che alla sua sepoltura lo avrebbe ricoperto di vinacce. Per contro il sacrestano disse che alla dipartita del parroco lo avrebbe ricoperto di trucioli di falegnameria (in dialetto bosie). Tutto sommato erano peccati veniali per entrambi. Tralasciando la divagazione allegorica possiamo di certo affermare che questa figura tra le mura della chiesa riveste dunque un ruolo essenziale e di coscienziosità tant’è che un vecchio proverbio recita: “Per far da Papa bisogna saper far da sagrestano”.

(Si ringraziano: Carlo Nicolodi e Giorgio Leonardi)

Valentino Poletti