Crisi in Ucraina  

Analisi situazione attuale e risvolti possibili economici

A distanza di un mese dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le notizie che giornalmente arrivano nelle nostre case per effetto dei media costituiscono un tam-tam che crea ansia e smarrimento nella popolazione. Si sente costantemente parlare di terza guerra mondiale, di bombe atomiche, addirittura il nostro quotidiano locale ha ipotizzato gli effetti di una bomba atomica su Trento, tanto per dare tranquillità. Nessuno nasconde che siamo di fronte ad un pericoloso evento che non deve sfociare in una escalation globale, ma è necessario capire alcuni aspetti chiave e le diverse dinamiche/interessi delle parti.

Il quadro militare/politico attuale si può riassumere in due possibili scenari:

  1. Il primo è quello che sembra essere al momento nei prezzi del mercato, ossia la possibilità che il conflitto in Ucraina arrivi nelle prossime settimane ad una tregua più o meno duratura, e ad un avvio di trattative di pace. Qualcuno ha addirittura fatto circolare una data simbolica, quella del 9 maggio, festeggiata in Russia come la Giornata della Vittoria alla fine della seconda guerra mondiale. Dal lato russo pesa il fallimento del progetto iniziale che prevedeva una rapida conquista dei territori ad est del fiume Dnepr, questo a causa della sorprendentemente bassa efficienza dell’Armata Rossa, una cattiva preparazione logistica, e una formidabile resistenza da parte di un esercito ucraino che continua ad essere bene armato, ma soprattutto ben informato, in tempo reale, dei movimenti del nemico. Negli ultimi giorni alcuni osservatori ipotizzano che Putin potrebbe accettare come ‘vittorioso’ la sovranità russa sul Donbass, oltre ovviamente all’impegno alla neutralità futura dell’Ucraina, almeno dal punto di vista della sua partecipazione alla NATO (p.e. sul modello dell’Austria). Su questo punto occorre convincere innanzitutto il governo ucraino, che potrebbe non essere immediatamente disposto a concessioni di questo tipo, rivendicando un (legittimo) diritto a preservare l’integrità territoriale del paese. Passi avanti sembra invece siano stati fatti sullo status futuro del paese rispetto all’Alleanza Atlantica, per cui l’Ucraina resterebbe fuori dalla NATO, a condizione che per lei si possa prospettare un rapido avvio del percorso di adesione all’Unione Europea. Nel caso si realizzi quanto sopra ipotizzato, ci potremmo dunque attendere prezzi dell’energia e delle commodities agricole che ritornano verso i valori pre-crisi, ma con molta lentezza, ed un aumento dei costi in Europa legato alla necessità strategica di accelerare comunque la transizione energetica, e migliorare il posizionamento in termini di spesa militare rispetto agli obiettivi NATO (2% del PIL, ossia una spesa aggiuntiva pari al +0.5% del PIL per l’Unione, in media).
  2. Il secondo scenario, più probabile del primo perché il primo oltre ad essere forse conveniente per Putin, di fatto lo è solo per l’Unione Europea che è naturalmente interessata alla chiusura più rapida possibile del conflitto al fine di minimizzare le conseguenze economiche dello stesso oltre ad ovvie motivazioni umanitarie. Le altre parti, compreso il governo ucraino in carica, al momento non sembra avere interesse ad una tregua ad ogni costo.  Anche gli USA, dal loro punto di vista, hanno al momento interesse ad armare la resistenza ucraina, stando tuttavia bene attenti a non oltrepassare il delicato confine tra supporto ad un popolo aggredito e fornitura di armi di attacco, cosa che genererebbe una immediata e pericolosa escalation del conflitto. Maggiore è la durata del conflitto, maggiore è l’indebolimento di Putin, e dunque la possibilità che in futuro (non a breve) avvenga in Russia un cambio di leadership che (ri)porti progressivamente il paese più vicino alla sfera d’influenza occidentale. La Cina dal canto suo ha certamente poco interesse ad una escalation globale della crisi, ma al contempo non trova conveniente una tregua ravvicinata.

Infatti, quanto più gli Stati Uniti sono bloccati in Ucraina, tanto minore sarà la loro pressione geo-politica nell’Indo-Pacifico. Inoltre, una crisi ucraina relativamente lunga avvicina forzatamente la Russia alla Cina, che riesce ad approvvigionarsi di materie prime energetiche e minerali a costi relativamente più bassi, e indebolisce l’Europa, obbligando le sue aziende a guardare con rinnovato interesse alle opportunità del mercato cinese. Certo, come gli Stati Uniti sul fronte militare, anche la Cina deve giocare una partita molto cauta sul fronte economico, perché un eccessivo supporto dato alla Russia esporrebbe il paese al rischio di ricadute politiche e commerciali che causerebbero contraccolpi al suo già basso tasso di crescita.

Quali potranno essere i risvolti economici in futuro

Le diverse situazioni in ogni area geografica ed in ogni singolo paese, sono figlie di come si è gestito in passato il settore energetico. Si va da una quasi totale dipendenza energetica dell’Europa nei confronti della Russia, ad una assoluta autonomia energetica degli USA. Infatti, per effetto del conflitto in Ucraina, si sta giocando il riequilibrio delle potenze mondiali nel contesto post-globale e l’Europa, o meglio in primis la Germania, risulta al momento presa in mezzo, data la sua eccessiva dipendenza dalla difesa americana, dall’energia russa, e dal mercato cinese. Qualora questo scenario di tregua si dovesse materializzare nelle prossime settimane, il quadro economico si rasserenerebbe, con un focus di breve periodo che tornerebbe ad essere legato alla svolta di politica monetaria della Fed, anche se con qualche significativo strascico nel medio e lungo periodo. In particolare, il conflitto ucraino trasformato in una tregua ed in un lungo processo di pace per la definizione dei rapporti con i nuovi territori occupati, porterebbe comunque a conseguenze legate ad un non immediato status quo ante in termini di sanzioni (una parte di sanzioni continuerebbe ad essere esercitata come strumento di pressione), e ad una ridotta partecipazione della Russia alle catene globali del valore.

Le sanzioni alla Russia producono forti ripercussioni al Paese

Le durissime sanzioni imposte alla Russia da UE e USA, hanno avuto un impatto notevole sull’economia. Il rublo ha perso il 30% del valore, i tassi di interesse sono schizzati al 20%, e l’inflazione ormai sfiora il 2% a settimana. A ciò si aggiunge che circa il 50% del petrolio russo non è venduto, dato il boicottaggio di varie compagnie occidentali, e le catene del valore russe sono bloccate data la chiusura delle filiali di quasi tutti i gruppi multinazionali (p.e. AvtoVAZ, il maggiore produttore d’auto del Paese, ha sospeso la produzione), generando importanti problemi di approvvigionamento.

Conclusioni

Nel brevissimo periodo, anche nel caso in cui dovesse terminare l’accesso alle forniture da parte della Russia, l’UE avrebbe a disposizione una parte non utilizzata degli stoccaggi, e accesso al gas liquefatto garantito sia dal Medio Oriente attraverso il nuovo gasdotto adriatico TAP, che, dalle forniture dagli Stati Uniti via nave. Sufficiente per riempire gli stoccaggi esistenti al 95%, come richiesto dall’UE, anche se a prezzi più alti. Qualora invece la situazione d’incertezza dovesse continuare a prevalere trasformandosi in un conflitto a relativamente bassa intensità ma lunga durata, lo scenario sarebbe peggiore per l’Unione Europea ed i paesi emergenti, alla luce di un ulteriore shock di offerta su energia e, in particolare, materie prime agricole. Ricordiamoci che l’Ucraina produce il 14% del mais, il cui raccolto ha già in parte sofferto le conseguenze della guerra, ed il 10% del grano mondiale, che è a rischio di non essere raccolto, in uno scenario in cui gli altri produttori mondiali hanno sofferto di conseguenze climatiche avverse. La Russia dal canto suo è il maggior produttore di fertilizzanti, colpiti dalle sanzioni, e dunque con un prezzo anch’esso in salita. Il risultato sarebbe la perdita di oltre un punto e mezzo di PIL per l’Europa, con perdite significative anche per il Regno Unito e per i paesi emergenti.

Qualora infine il protrarsi delle ostilità facesse salire ulteriormente l’intensità del conflitto nelle prossime settimane, con attacchi più massicci da parte russa ed un ulteriore inasprimento delle sanzioni da parte occidentale (per esempio con il divieto di importazione di gas e petrolio russi), le conseguenze sarebbero ancora più pesanti, perché si aprirebbe il rischio di una crisi energetica in EU, una crisi alimentare nei paesi emergenti, oltre all’incertezza derivante da un quadro geopolitico con tensioni in crescita.

Come ho sempre consigliato in passato, vista la delicata fase che potrebbe sfociare in soluzioni divergenti, ora ancor di più si consiglia di effettuare un’attenta analisi degli investimenti in essere e di interfacciarsi costantemente con il proprio referente, affinché quest’ultimo dia informazioni puntuali sulle scelte fatte e su quelle pianificate. Oggi più che mai è fondamentale seguire passo per passo l’evoluzione per non trovarsi brutte sorprese. Teniamo presente che le strutture delegate alla gestione dei risparmi trattengono costantemente delle commissioni per svolgere la loro attività e quindi hanno il dovere di fornire ai clienti informazioni puntuali e una efficace informativa che non si limita al saldo del conto.

Paolo Leonardi