Si prospetta un nuovo scenario: la de-globalizzazione 

Si prospetta un nuovo scenario: la de-globalizzazione 

Il post pandemia e la guerra in Ucraina hanno accelerato il processo di de-globalizzazione.

Informare o disinformare? Si devono dare spiegazioni su quanto accade, oppure creare un clima di costante paura nella popolazione?                            

Noi de “IL MELO” ogni mese cerchiamo di portare del valore aggiunto ai lettori fornendo informazioni oggettive ed il più possibile razionali, devo dire invece che i media non stano facendo la stessa cosa, anzi costantemente divulgano dichiarazioni che prospettano un autunno estremamente problematico per effetto dell’aumento del prezzo dei prodotti energetici e quindi scenari apocalittici per i prossimi mesi senza fornire spiegazioni.                                                                                            

Non sarebbe meglio dire le cose come stanno e cosa sta accadendo? Tenere la popolazione in un costante clima di preoccupazione, prima con la pandemia e poi con la guerra Russia/Ucraina a chi giova?  

Noi de “IL MELO” riteniamo che sia molto meglio essere trasparenti sulla situazione, anche se in alcuni casi si comunicano dati e informazioni negativi, purché questi siano il frutto di un’analisi e riflessione. 

Il tema che la maggior parte degli analisti finanziari stanno oggi affrontando è legato alla de-globalizzazione in atto. La pandemia prima e la guerra ora, hanno cambiato lo scenario macro-economico mondiale ed i cambiamenti in atto non sono transitori. Infatti, la de-globalizzazione del commercio mondiale e il conseguente nuovo ordine monetario internazionale in via di formazione, sono ormai avviati. Il dollaro è destinato a perdere importanza a favore dello yuan (oggi rappresenta solo l’8% circa degli scambi mondiali), in base al nuovo controvalore che sono destinate ad avere le materie prime sulle quali hanno puntato negli ultimi anni Cina e Russia.                                                                                

Si vanno profilando due blocchi: da un lato USA, Europa, Australia, Giappone, Israele e paesi filo-occidentali e dall’altro Cina, Russia, India, Pakistan, Brasile, Iran, Cuba e gran parte dei paesi africani.

Si ritiene che le materie prime e le relative catene di approvvigionamento che rivestono tanta importanza nella misura dell’inflazione, siano destinate ad incrementare la loro importanza mondiale, sostituendosi gradualmente alla finanza USA che ha tenuto banco negli ultimi 50 anni. Abbiamo già cominciato a sperimentarlo con i prezzi del gas e del petrolio che non accennano a diminuire e tengono la crescita dei prezzi elevata. Ciò significa che i paesi con poche o scarse risorse, vedranno il loro potere d’acquisto ridursi del 20-30% in pochi anni. Facciamo l’esempio di casa nostra: l’Italia consuma ogni anno 75 miliardi di metri cubi di gas che nel 2020 sono costati 15 miliardi di euro, mentre oggi costano 80-90 miliardi (50 miliardi circa sono extra profitti). Ebbene, già nel 2020 a causa del Covid, la spesa media delle famiglie italiane ha subìto un calo del 9% rispetto al 2019 (il maggiore calo degli ultimi 30 anni). Inoltre, tassi d’interesse crescenti (e quindi costo del debito crescente) e inflazione che non scende portano ad una perdita di potere d’acquisto (e quindi ulteriore riduzione dei consumi). Non è un caso che negli ultimi giorni il debito Italiano sia stato preso di mira dagli speculatori, che sembrano non essere spaventati dello scudo anti spread (TPI) predisposto dalla BCE.

Gli effetti della de-globalizzazione saranno mondiali, Russia compresa. Tuttavia, quello che preoccupa Putin non è certo l’uscita di scena di multinazionali come Mc Donalds, Starbucks, Ikea o Netflix, che possono essere facilmente sostituite da prodotti locali, né tantomeno le sanzioni e/o il blocco sull’export di petrolio dal febbraio 2023. Non gli fa paura nemmeno l’inflazione, che dopo un iniziale aumento del 20% è tornata in luglio vicino allo zero. I fondamentali economici (cambio del rublo e riserve della banca centrale) sono infatti al riparo grazie all’enorme avanzo commerciale dovuto ai prezzi del gas e del petrolio. Quello che invece preoccupa Putin è la rottura delle catene di approvvigionamento che presto porterà a finire le scorte di chip e semilavorati di beni strategici essenziali per la costruzione di aerei, nell’industria dell’auto, nelle telecomunicazioni, etc. Il cambio dei fornitori, che diventeranno presto cinesi, indiani e turchi, non sarà tuttavia né rapido né indolore per la Russia.

La de-globalizzazione non sarà comunque indolore nemmeno per le imprese dell’occidente, che sperimenteranno un’inflazione più lunga e resistente delle attese sia per il fatto che le sue cause sono destinate a perdurare ancora a lungo (la de-globalizzazione non è un fenomeno di breve durata), sia perché oltre l’80% delle materie prime e semilavorati è in mano a Cina e Russia, che sicuramente non hanno interesse a far scendere i prezzi. Anche se scoppiasse la pace fra un minuto, è difficile pensare che il mondo dell’economia e della finanza tornerà ad essere quello ante guerra. Ovviamente questo non significa che non occorra cercate in tutti i modi la pace. Ricordiamo che la Cina nel 2009 ha deciso di diventare il protagonista produttivo e monetario del XXI secolo.

Si deduce che ognuno deve fare la propria parte, siamo di fronte ad una transizione che non si risolve con la bacchetta magica e nemmeno gettando la popolazione nel panico, ma assumendo decisioni e comportamenti razionali che tengano conto del contesto attuale e di quanto si prospetta.

Lo stesso vale per i propri risparmi accumulati, oggi più che mai è importante affidarsi a degli esperti del settore evitando da un lato il “fai da te” e dall’altro un approccio troppo delegante verso chi segue i vostri investimenti. Questa è una fase dov’è necessario conoscere, capire e seguire l’evoluzione del cambiamento in corso e condividere le scelte da fare con chi è stato da voi incaricato per la gestione dei vostri risparmi.

Paolo Leonardi