Europee: un voto per il nostro futuro

Europee: un voto per il nostro futuro

Il Fondo sociale europeo plus a sostegno della conciliazione fra famiglia e lavoro

La nascita, nel Secondo dopoguerra, del progetto di unità europea che ora viviamo nell’Unione europea composta da 27 Paesi, ha avuto come protagonisti assoluti gli Stati nazionali; erano sei, compresa l’Italia, e assumevano, di fatto, ogni decisione, operando attraverso i loro governi nazionali. La voce delle componenti subnazionali – Regioni e Comuni per quanto riguarda il nostro Paese – all’interno delle Istituzioni europee era praticamente assente. Assente era anche la voce dei cittadini. Il Consiglio dei ministri, composto da un ministro per ogni Stato membro, aveva anche il potere legislativo. La rappresentanza popolare si poteva esprimere solo in termini indiretti, attraverso un’“Assemblea comune”, nella quale erano presenti come delegati parlamentari nazionali e che aveva solo potere consultivo e di controllo sull’esecutivo comunitario. Si dovette arrivare fino al 1979 per dare voce ai cittadini nel processo di integrazione europea: fra il 7 e il 10 giugno si svolsero in tutti i Paesi della Comunità europea – da sei erano diventati nove – le prime elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento europeo. La denominazione ufficiale “Parlamento europeo” si ebbe solo nel 1986, con l’Atto Unico Europeo di Lussemburgo, il quale aumentò il potere del Parlamento di influenzare la legislazione europea, prevedendo, tra l’altro, la procedura della cooperazione.

Le prime elezioni europee furono un fatto esaltante, con molti cittadini in varie parti d’Europa che vedevano aumentare le loro speranze nella realizzazione del sogno europeo. L’Italia fu il Paese in vetta nella partecipazione al voto, con il Trentino che si pose al di sopra della media nazionale.

Un vero salto di qualità e sostanza in rapporto ai poteri del Parlamento europeo si ebbe tuttavia solo nel 1992, con il trattato di Maastricht, il quale ha introdotto la “codecisione”, ossia una “procedura ordinaria” in base alla quale un’iniziativa legislativa promossa dalla Commissione europea – unica Istituzione con potere d’iniziativa – per essere approvata richiede anche il voto favorevole del Parlamento europeo, unitamente a quello del Consiglio dell’Unione. Al riguardo dobbiamo tuttavia considerare che la storia d’Europa non ha sempre favorito condizioni per procedere senza difficoltà verso l’unità di popoli su base democratica, anche perché il nazionalismo non è mai stato – e continua a non essere – un acceleratore su tale percorso. Il trattato di Maastricht ha avuto pure un particolare significato nel riconoscere partecipazione nel processo di unità europea con l’istituzione del “Comitato delle Regioni”, organo consultivo che in vari casi deve essere sentito prima dell’approvazione dei progetti legislativi.

Il Parlamento europeo che andremo ad eleggere il prossimo mese di giugno ha una grande importanza per il futuro dell’Unione europea e di conseguenza di tutti i suoi cittadini.

Al potere di approvare, modificare o respingere la legislazione europea, lavorando insieme al Consiglio, si aggiunge la funzione di controllo sull’attività delle altre Istituzioni europee, nonché il fondamentale ruolo di approvare o respingere la nomina dei commissari europei, con la possibilità di presentare mozione di censura contro la stessa Commissione europea. Il Parlamento europeo ha il potere di decidere, unitamente al Consiglio, sul bilancio dell’Unione e partecipa alla definizione della politica estera e di sicurezza comune. Il Parlamento europeo interviene pure, attraverso la procedura ordinaria della codecisione, nel definire e approvare importanti strumenti finanziari per favorire lo sviluppo e la coesione sociale nel Trentino, tra cui il “Fondo Sociale Europeo plus” (FSE+). Nell’ambito del Programma FSE+ 2021-2027 della Provincia autonoma di Trento, cofinanziato dall’UE, dallo Stato italiano e dalla stessa Provincia, rilevante significato ha la concessione dei Buoni di servizio per la conciliazione fra famiglia e lavoro. Tali buoni, già sperimentati con successo nelle precedenti programmazioni FSE, consistono in titoli di spesa, che permettono di acquisire servizi educativi di cura e custodia per figli minori o minori in affido, in forma complementare ai servizi erogati sul territorio provinciale con la finalità di sostenere l’occupazione e prevenire l’esclusione sociale. Tali buoni sono stati individuati come “operazioni di importanza strategica” per la rilevanza dello strumento e per l’importo ad essi dedicato che è pari a circa un quarto delle risorse complessive del Programma FSE+. Una visione europea per uno sviluppo locale e una crescita della comunità trentina.

Magagnotti Paolo