Romeno, al varo l’impianto per il biogas

Romeno, al varo l’impianto per il biogas

Aria più pulita e meno sversamenti grazie all’opera voluta dagli allevatori

Si avviano a conclusione i lavori di realizzazione dell’impianto per il Biogas di Romeno, che mira a porre un fondamentale correttivo all’annosa questione degli sversamenti nella zona dei Pradiei in Alta Val di Non, rivalorizzandoli come fonte rinnovabile per la produzione di energia.

L’opera, fortemente voluta dalla cooperativa di allevatori Alta Anaunia Bio Energy S.C.A., è il coronamento di un lungo percorso di riflessione, valutazione ed individuazione della migliore soluzione possibile; un percorso durato quasi un decennio, anche se i lavori di costruzione sono effettivamente partiti solo nel corso del 2020.

Il primo passo sulla strada dell’energia sostenibile venne mosso infatti 8 anni fa dai Comuni dell’alta valle (Romeno, Dambel, Don, Amblar, Cavareno, Sarnonico, Ronzone, Fondo, Malosco, Ruffré-Mendola), che nel 2012 commissionarono all’Eurac (European Academy Research, centro di ricerca applicata con sede a Bolzano) uno studio di fattibilità di un impianto di Biogas a servizio della zona, che si inseriva in un più ampio “Progetto Energia Alta Val di Non” impostato su diversi settori energetici.

Lo studio in questione si incentrava sulla gestione sostenibile dei reflui zootecnici, anche e soprattutto in relazione all’impatto ambientale degli stessi e dunque alle ricadute negative sullo sviluppo di un territorio dalla grande vocazione turistica. Un copioso sversamento nei prati degli effluenti di allevamento, che sono ricchi di azoto, fosforo e potassio, comporta infatti il rischio di inquinamento del suolo.

Le soluzioni prospettate da Eurac per risolvere questa criticità erano tre: la riduzione delle UBA (unità bovine adulte); un massiccio cambio di coltura di parte del territorio, ampliando l’area destinata a prati e pascoli per l’allevamento a discapito del bosco; o appunto la costruzione di un impianto per la produzione di biogas. Si è scelto di puntare su quest’ultima soluzione, giudicata la meno drastica nonché la più adatta a risolvere efficacemente il problema dei cattivi odori.

Nel maggio 2016 lo studio di Eurac viene quindi proposto agli allevatori dei Comuni dell’Alta Valle: da principio un gruppo nutrito, che però col tempo si è scremato fino agli attuali 12 allevatori, consorziati in Società Cooperativa Agricola sotto il nome di “Alta Anaunia Bio Energy”; come Presidente viene scelto Gabriele Tell, giovanissimo allevatore di Romeno. La cooperativa si affida poi al Geom. Erwin Tomazzolli e all’Ing. Alessandro Pellegrini, titolari dello Studio tecnico Eralde di Romeno, per proseguire convintamente con il progetto secondo le linee guida già fornite da Eurac, che aveva individuato l’area più idonea alla realizzazione dell’opera in un avvallamento a ovest di Romeno: una zona selezionata per diversi motivi, tra cui la distanza dagli allevatori conferenti e l’impatto paesaggistico e ambientale.

Gabriele Tell

Allo studio Eralde è spettato quindi il compito di portare avanti il progetto attraverso un iter burocratico non semplice. Sono state infatti numerose e complesse le tappe che hanno condotto, non senza difficoltà, al nulla-osta alla realizzazione dell’impianto – dal cambio coltura da bosco a prato, alla variante al Piano regolatore generale e al passaggio in Provincia per diventare zona produttiva, fino alle procedure per richiedere gli incentivi concessi agli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili –; un percorso a ostacoli che ha visto anche un momento di “impasse” tra il 2016 e il 2018, periodo del quale la cooperativa di allevatori ha approfittato per visitare altre strutture omologhe attive sul territorio italiano e raccogliere spunti e riflessioni da applicare a quella di Romeno.

In tal modo è stata individuata la ditta più adatta a fornire l’impianto (la Biogas Steel S.r.l. di Brescia), scelta per la tipologia di vasche, basse e larghe, per la tecnologia e il materiale impiegato (l’acciaio, completamente riciclabile); è stata dimensionata di conseguenza l’intera opera, che nel 2018, dopo quasi tre anni di pausa, ha visto finalmente sbrogliarsi le lungaggini burocratiche con la riapertura delle graduatorie per la presentazione del progetto.

Si è potuto quindi riallacciare il discorso da dove era stato interrotto: i lavori di cantiere sul terreno dato in concessione dal Comune sono cominciati all’inizio di quest’anno, per procedere spediti sino al completamento, alla fine di settembre.

Nemmeno l’emergenza Coronavirus ha arrestato le operazioni, che sono continuate anche sotto quarantena. Per tutti i lavori (a eccezione della fornitura dell’impianto di biogas) la Cooperativa si è affidata esclusivamente a ditte locali, non per vincolo di regolamenti comunali ma per scelta precisa.

Gradualmente l’impianto inizierà a lavorare a partire da questo mese, per poi proseguire a pieno ritmo e senza sosta, 365 giorni all’anno.

INNOVATIVO, ECOLOGICO E SOSTENIBILE: LE RAGIONI DEL PROGETTO BIOGAS

Ecco come funziona l’impianto di Romeno

L’impianto di bio-cogenerazione di Romeno è un progetto di grande interesse per il territorio alto-anauniense, poiché si basa sulla gestione sostenibile dei reflui zootecnici. Non è infatti costruito con la finalità del guadagno (infatti non viene aggiunta altra biomassa per aumentarne la produzione), ma con l’obiettivo di “digerire” la maggior quantità possibile di effluenti da allevamento, sfruttandone il potenziale metanigeno per la produzione di energia rinnovabile, trasformando insomma un problema in una risorsa.

Un’opera “green” a tutti gli effetti, come spiegano Erwin Tomazzolli e Alessandro Pellegrini dello Studio tecnico Eralde, che ne hanno approntato il disegno: i due vantaggi principali del processo sono l’eliminazione delle esalazioni odorose che prima si diffondevano in zona e la diminuzione della quantità di azoto immesso nei terreni, ma non si fermano qui; vengono anche abbattuti i costi del trasporto del letame e dei liquami, ridimensionando così l’impatto ambientale.

All’impianto per la produzione di biogas sono collegate diverse stalle di Romeno site a monte della vasca, cosicché gli sversamenti liquidi possano confluire verso l’impianto per caduta; a questo scopo è stato posato circa 1 km di tubature. Per le stalle più distanti, così come per la parte solida (ovvero il letame), si ricorrerà invece al trasporto su gomma. Nella vasca di miscelazione la parte liquida e quella solida si mescolano e tramite pompaggio vengono spinte in un digestore da 2.200 m3, 21 metri di diametro e 7 metri di altezza, dove avviene la digestione anaerobica e dunque la produzione di biogas; da qui passano a un secondo digestore di uguale grandezza, un passaggio facoltativo a cui si è deciso di ricorrere per avere la certezza di “spremere” efficacemente la biomassa, eliminandone al meglio ogni odore. Quindi il digestato (inteso come effluente della digestione anaerobica) viene ripompato al capannone, dove la parte liquida (90%) viene separata da quella solida (mentre all’ingresso nei digestori il materiale era al 70% liquido e al 30% solido).

L’intero processo dura dai 40 ai 45 giorni, al termine dei quali il materiale esce praticamente inodore.

La produzione solida destinata ai 12 soci viene stoccata nel capannone, mentre quella liquida parte nuovamente per la vasca di stoccaggio (32 metri di diametro per 7 metri di altezza) e qui arriva a fine ciclo. Da essa gli allevatori consorziati prelevano il liquido per portarlo direttamente nei campi: un enorme vantaggio rispetto agli altri impianti omologhi del Trentino, dove non c’è possibilità di stoccaggio e quindi ogni allevatore deve immagazzinare nella propria stalla il concime da prelevare al bisogno.

E per quanto riguarda la produzione energetica? Il gas scaturito dalla biomassa (ad alto potere calorifico poiché costituito per il 50-70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO2) viene intercettato nelle cupole dei due digestori, passa da un gruppo “chiller” che lo purifica, e viene aspirato fino al motore, che a regime produrrà 300 kW di corrente e 460 kW termici, a ciclo continuo per tutto l’anno.

La produzione elettrica passa nella cabina di trasformazione e poi alla cabina a bordo strada, da cui viene immessa in rete. Il calore prodotto viene invece riutilizzato in parte per scaldare la biomassa fino alla fermentazione (38-40 °C), e in parte destinato al riscaldamento della palazzina uffici.

In Alta Val di Non sono presenti circa 3.000 capi di bestiame bovino, di cui circa 1.000 appartenenti agli allevatori consorziati di Alta Anaunia Bio Energy. Il loro Presidente, Gabriele Tell, sottolinea le ricadute positive per l’attività degli allevatori, che attualmente non possono effettuare spargimenti nei mesi estivi e devono quindi ricorrere alle proprie vasche di stoccaggio per conservare il materiale: con la possibilità di stoccare la parte liquida e solida in loco questo problema è superato; inoltre gli spargimenti, non odorando, possono essere effettuati quando più serve, e il concime così prodotto è migliore (poiché il digestato ha un elevato valore fertilizzante), più nobile e meno inquinante rispetto a quello non trattato. Così non solo si risolve il problema dello smaltimento dei reflui, ma si migliora anche la qualità dei suoli.

E con il secondo lotto, vantaggi anche per l’agricoltura

E un ulteriore vantaggio arriverebbe con la costruzione del secondo lotto, cioè la parte che completerebbe idealmente l’opera, prospettata da Eurac ma ancora in fase di valutazione: sarebbe costituito da una vasca di stoccaggio e da un capannone di 20 x 90 metri che ospita il macchinario per il compostaggio, un carro ponte deputato a spargere la frazione liquida sopra alla parte solida; quest’ultima viene continuamente rivoltata da delle coclee e insufflata di aria fino a completa maturazione. In tal modo si produrrebbe, nel giro di circa 6 mesi, un compost palabile e quindi più appetibile per l’utilizzo in agricoltura, ovvero in Val di Non soprattutto nella melicoltura, dove il concime liquido non troverebbe largo impiego.

Questo secondo lotto sfrutterebbe la frazione solida del digestato prodotto dall’impianto, che attualmente viene portata via dagli allevatori; inoltre parte del calore prodotto dal cogeneratore del primo lotto potrebbe essere utilizzata anche per il funzionamento del macchinario di compostaggio.

Il primo lotto dei lavori insomma offre una soluzione immediata ai problemi più impellenti, contenendo l’inquinamento del suolo e delle falde nonché gli odori e le emissioni in atmosfera; con il secondo lotto si raggiungerebbe poi anche un altro importante traguardo, quello di allontanare parte dei reflui zootecnici ad altre colture e creare così una sinergia diretta con il settore della frutticoltura nonesa.

L’impianto a Biogas di Romeno è il frutto della sensibilità e della lungimiranza di un gruppo di allevatori, perlopiù giovanissimi, che si sono adoperati tenacemente per trovare la migliore soluzione ad un problema che da tempo gravava sulla comunità dell’alta valle, diventando sempre più pressante e spesso causa di malumori e lamentele, sia da parte degli abitanti che degli operatori del settore turistico.

Oggi il risultato di quella sensibilità e di quella lungimiranza è finalmente realtà, ed anche il futuro sembra ben promettere, considerando che c’è già chi si è messo in lista per entrare a far parte dei soci della Cooperativa, ulteriore prova della bontà del progetto.

A tal riguardo, il Presidente di Alta Anaunia Bio Energy rivolge un sentito ringraziamento innanzitutto ai progettisti dell’opera, Erwin Tomazzolli e Alessandro Pellegrini dello Studio Eralde, che nonostante le numerose difficoltà burocratiche da espletare hanno portato a termine con grande impegno, perizia e competenza – ma anche con soddisfazione e crescita, personale oltre che professionale – il lungo iter del progetto.

La gratitudine del Presidente va poi a chi l’ha accompagnato più da vicino in questo percorso, ovvero il direttivo e tutti i Soci di Alta Anaunia Bio Energy:

Mattia Covi (vicepresidente), Alessio Covi, Mirco Covi, Francesco Endrici, Andrea Fattor, Guido Lanzerotti, Federico Pedranz, Michele Pedrotti, Ilaria Pezzini, Lorenzo Rosati, Ivo Zucal. Un gruppo coeso in cui tutti si sono dimostrati attivi e partecipi, e per tanti anni hanno lavorato con perseveranza – trovandosi spesso e volentieri anche a tarda ora dopo il lavoro – alla concretizzazione del progetto.

Il Presidente ringrazia infine tutte le Amministrazioni comunali coinvolte per il sostegno al progetto, la Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige, e tutte le ditte che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera: Biogas Steel S.r.l. di Montirone (Brescia) per la fornitura dell’impianto a Biogas, Scavi Gabardi Cesare (Malgolo) per gli scavi e movimenti terra, Donedil (Don) per le opere edili, Fratelli Borghesi (Cles) per le opere da carpentiere, Genetti Termoidraulica (Romeno) per le opere da idraulico, Elettroenergy (Don) per le opere da elettricista, Lattoneria Covi (Sarnonico) per le opere da lattoniere, Fratelli Morandi (Castelfondo) per le opere da fabbro.

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