I segreti del Salvanèl

I segreti del Salvanèl

Carissimi, nell’articolo precedente vi scrissi la leggenda del Salvanèl, il gigante buono, una storia che sinceramente mi incuriosì molto, tanto da continuare a leggere la sua vita tratta dal libro “IL SALVANELuna leggenda della Val di Non” a cura dell’associazione sportiva dilettantistica Orienteering Coredo-Smarano-Sfruz.

Ed è per questo motivo che anche questo mese voglio condividere con voi le varie avventure vissute da questo gigante vestito spesso di rosso della Val di Non.

Il Salvanèl sapeva molte cose sui segreti della natura, sapeva di arti magiche e delle previsioni del tempo; sapeva le virtù delle erbe medicinali e sapeva indicare i tesori nascosti. A chi gli andava in simpatia, gli insegnava tutto gratis.

Quando a Tregiovo esisteva il Maso Nuovo, una volta entrò nella stalla mentre la donna mungeva la vacca. Le chiese una tazza di latte e la donna gliela diede subito e volentieri. Allora il Salvanèl insegnò alla donna a ricavare il burro dal latte e anche il formaggio e se ne andò. Ritornò poi un’altra volta e insegnò alla donna a fare la ricotta e le disse: “Ho altre cose da insegnarti se tu non dirai a nessuno che mi hai visto!”. Ma la donna non seppe tenere il segreto e spifferò tutto alle amiche. Poco dopo il Salvanèl discorrendo con un pastore, gli disse: “Se quella donna non avesse rivelato il segreto, le avrei insegnato a ricavare dal latte anche la cera”. Infatti fino ad oggi nessuno è riuscito a trarre la cera dal latte e pensare che una volta la cera per fare le candele era tanto preziosa e si vendeva a caro prezzo. E pensare che a Tregiovo le donne filavano al lume della luna per risparmiare la cera e l’olio!

Il Salvanèl scendeva spesso a Cagnò ove aiutava uomini e donne nelle faccende di casa: in una casa puliva la stalla, in un’altra tagliava la legna, altrove rivoltava il fieno sui prati e se il tempo minacciava, per fino lo ammucchiava. Ma faceva sempre tutto di nascosto e non voleva essere visto. Una notte una donna lo spiò dalla finestra e pensando di fare cosa grata, all’indomani gli fece trovare un bel vestito rosso sul ceppo della legna. Il Salvanèl venne, prese il vestito e se ne andò, ma sparì e nessuno lo vide più. Ricomparve dopo tanti anni, lo vide una ragazza che passeggiava nel bosco e ancora oggi ne dà testimonianza: “vidi un pezzo di larice muoversi. Mentre si avvicinava a me io vedevo un cappello nero carbone, un camicione marrone, da dove sbucavano un paio di pantaloni marrone ancora più scuro e delle scarpe nere; Insomma, sembrava il tronco di un albero. Ad un certo punto, circa a un metro da me, mi chiese:” – come ti chiami?” – “mi chiamo Arianna” risposi “ma tu chi sei?”. – “Sono il Salvanèl, colui che dice ai cacciatori e a coloro che non rispettano la natura, di non farlo!”. Così parlammo un pò e io riuscìì a comprendere: era il protettore della natura. Quindi mi rimase un ultimo dubbio e gli chiesi:

Come fai a parlare con gli animali?”, mi rispose “io non parlo con gli animali, ma li capisco come loro capiscono me”.

Adesso avevo capito veramente tutto del Salvanèl”.

Il Salvanèl continuò a vagare per i boschi della Val di Non, invisibile ai più, ma sempre pronto a proteggere le piante e gli animali dei boschi.

Per anni la storia dell’uomo dei boschi venne tramandata di padre in figlio, fino a quasi perdersi fra le moderne visioni di un mondo virtuale quasi artificiale, nel quale non avevano più posto le fantastiche creature dei boschi.

E’ tornà ‘l Salvanèl

L’è ‘n mistèro ‘ndòche e canche è nat el Salvanèl!

Come dis la so lezenda, l’è nat da na bela putela che l’à cognèst sciampar dal so paes parchè la zent, come l’à vist “el pecià”, parchè la spetava ‘n fiol senza eser sposada, l’à scomenzà a maltratarla semper de pù. Enzì la s’è reduta ‘ntend bus su l’Ozol en Val de Non e io l’à bu ‘l fiòl, clamà subit “Salvanèl”.

Sto putelot l’è cressù san e fort en mez ai bosci. Par ani e ani la storia la è stada contada dal pare al fiol enfin ades, en te sto mondo d’ancuoi andoche no gè pù posto par le faole e le lezènde.

Ma ‘ntant el Salvanèl el seitava a nar entorn ‘n ti bos-ci dela Val de Non. No se’l vet, ma ‘l gè semper sule montagne a protezer la so ciasa e la natura che la già ‘ntorn.

I asiloti ‘mpara dal Salvanèl a conoser, amar e rispetar la natura e le creature dei bosci e a ciasa i gi conta tut ai zenitori.

Con una bella filastrocca e una poesia, questo mese ricordiamo tutti i papà del mondo e a loro facciamo di cuore tantissimi auguri.

Papà dammi la mano

grande e forte mi sento con te

tu mi guardi e mi dici piano:

Sono felice se tu sei con me.           

Se mi prendi sulle tue spalle

io mi sento un capo tribù.

Se mi tieni stretto al cuore

il mio amico più caro sei tu.

Per la strada la gente ci sorride

e ci guarda perché

pensa che tu sei il mio gigante

ma io sono il tuo re.

Papà 

‘N om, cola facia cuerta de rughe

mi vedo,

‘n om coi ani che g’à curvà

la schena, le spale, le gambe.

‘N om, cola facia bela ch’el gaveva

coi cavei i oci le mam;

ades l’è arivà zo ‘n font

ala pergola, ‘n tra le vigne

senza ua e senza foie.

Papà, ‘n do vat…

che no te vedo pù,

vei chi e dime come se pol far

a desmentegar le to spale,

la to pergola, ‘l pugn de tera

che te g’ai ‘n mam.

Vinicio Cescatti

Annamaria Dragone