L’evoluzione del commercio internazionale

L’evoluzione del commercio internazionale

Una recente analisi di Mediobanca Sgr fa il punto della situazione

Il commercio internazionale ha superato lo scorso mese di gennaio i livelli registrati pre-pandemia.  Dall’analisi dei dati per singola area geografica, risulta però che i maggiori aumenti delle esportazioni sono stati registrati in Asia. Si ritiene che attraverso la diffusione dei vaccini sarà possibile un allentamento delle restrizioni e quindi arrivare a riequilibrare il peso dei Paesi all’interno del commercio internazionale.

Dopo la frenata subita nella primavera 2020 a causa dalla crisi pandemica, il commercio internazionale è tornato progressivamente a crescere (Grafico 1), recuperando il suo livello pre-crisi, e il rimbalzo sta continuando. Gli ultimi dati evidenziano infatti che il commercio globale è riuscito a lasciarsi alle spalle il blocco dei cargo e il conseguente aumento dei costi di spedizione che l’hanno frenato durante i mesi invernali.

Tuttavia, il dato aggregato a livello mondiale maschera una marcata eterogeneità tra paesi e, soprattutto, una differenza rilevante tra l’aumento delle esportazioni dall’Asia e quelle dal resto del mondo: a gennaio le esportazioni dall’Area Euro e dagli Stati Uniti erano ancora al disotto dei loro livelli pre-pandemici, mentre le esportazioni dalla Cina erano ben al disopra (Grafico 2 e Mappa). Questa diversa velocità di ripresa, imputabile al cambiamento delle abitudini dei consumatori indotto dalla pandemia, è comunque paragonabile a quanto successo dopo la crisi del 2008, quando la ripresa era rimasta notevolmente eterogenea tra paesi. Nel 2008 infatti, i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) hanno recuperato più rapidamente, seguiti da altri paesi emergenti e in via di sviluppo, lasciando l’UE e il G7 molto indietro.

Allo stesso modo, con l’attuale pandemia che ha innescato un cambiamento nei modelli di spesa del consumatore, unito alle chiusure decise per contenere i contagi, i maggiori beneficiari ne sono stati i paesi asiatici, i quali dominano nelle esportazioni di elettronica e gli articoli per la casa. La ripartizione delle esportazioni di beni dalla Cina mostra, ad esempio, che l’impennata delle esportazioni del 2020 ha puntato molto su mobili, elettronica e prodotti ricreativi. Al contrario, poiché le restrizioni all’attività economica hanno pesato sulla domanda di trasporti, le esportazioni di beni dalle economie avanzate (principalmente Europa e Stati Uniti) sono state penalizzate dai minori acquisti di attrezzature di trasporto e carburante.

Un discorso a parte va fatto per il Regno Unito, dove le esportazioni sono calate del 18,2% a gennaio, penalizzare dalla Brexit: le esportazioni di beni verso l’UE sono scese del 41,7% rispetto al mese precedente, mentre le esportazioni verso i paesi al di fuori dell’UE sono aumentate del 1,6%. Fortunatamente, il numero di navi da carico che hanno attraccato nei porti del Regno Unito è aumentato rapidamente nel mese di marzo, suggerendo che i flussi commerciali si stanno riprendendo.

Escludendo le problematiche derivanti dalla Brexit a cavallo dell’anno, le esportazioni di beni statunitensi sono state quindi le peggiori tra i paesi sviluppati. Già penalizzati dall’essere uno dei maggiori esportatori di carburante, gli Stati Uniti sono stati ulteriormente penalizzati dal fatto che la loro economia sta guidando l’economia mondiale e quindi che i recuperi di crescita e di domanda negli altri paesi sono rimasti più lenti. Questo spiega perché la domanda di esportazioni statunitensi è stata relativamente debole mentre le sue importazioni sono rimbalzate. Nei prossimi mesi, la diffusione dei vaccini permetterà l’allentamento delle restrizioni ed una normalizzazione dei modelli di spesa globale, riequilibrando i pesi dei paesi all’interno del commercio internazionale.

Paolo Leonardi