Verso un natale “sospeso”

Verso un natale “sospeso”

Dicembre è il mese della speranza, della famiglia, dei regali, ma è anche quello in cui il sole comincia a ‘girare pagina’ e la luce del giorno riprende  a conquistare nuovi spazi a scapito della notte.  Inutile precisare che la notte è la pandemia e il giorno la via d’uscita da un tunnel in fondo al quale la luce della scienza (leggi vaccino) appare sempre più nitida anche se lontana e lo diventerà davvero se in tutti prevale il senso di responsabilità e la consapevolezza che comunque vadano le cose nulla sarà più come prima.

Ma come sarà il Natale dell’anno ‘bisest’ 2020?

Sono settimane che se ne discute sui giornali ed in TV e visto che probabilmente i divieti si prolungheranno, causa Covid, ben oltre il 5 dicembre,  la domanda che si pongono tutti con angoscia è che come potrà essere il Natale senza fasti, rimpatri, regali, cenoni, ecc..

Andando alla radice, il messaggio che questa Festa dovrebbe portare è di speranza, di  semplicità e di autenticità degli affetti come sarebbe in effetti l’originario messaggio cristiano che l’accompagna. 

A rischiare il tracollo non sarebbe pertanto il senso vero del Natale ma tutta quella serie di orpelli e caratterizzazioni festaiole e commerciali di cui la celebrazione della nascita di Gesù si è via via sovraccaricata nel corso degli anni. Insomma un rito pagano accanto a quello originale cristiano, con cenoni, scambio di regali, luminarie, commerci sfrenati a cui ci siamo abituati in massa. è quest’ultimo rito pertanto quello che verrebbe meno con un lockdown prolungato che, vista la curva dell’epidemia stabile se non in crescita, appare molto probabile.

Questo indubbiamente è un momento difficile anche per le nostre valli dove la crisi del turismo ed in genere del lavoro, accanto a tutto il resto, aggrava le difficoltà con una ricaduta a pioggia su tutta la società, in specie le categorie non protette e garantite da un reddito fisso nel pubblico o nel privato e che legano la loro sopravvivenza alle attività da svolgere quotidianamente.

L’attenzione per l’economia, accanto alla cultura, alla storia, alla salute ed alle vicende burocratiche che oggi rendono complicata la vita per le famiglie, le aziende e le comunità è il solco in cui “il Melo” ha camminato in questi anni.

Su questo percorso abbiamo registrato apprezzamenti, incoraggiamenti, stimoli ed idee, molte le abbiamo colte e sviluppate con la serietà che ci viene riconosciuta grazie ai collaboratori e agli esperti che abbiamo la fortuna di annoverare nella nostra squadra.

La forza della nostra testata è la capillarità della distribuzione oltre alla puntualità ed alla ricchezza e varietà delle argomentazioni, ed è così che “il Melo” intende continuare il suo servizio per le valli.

La rete del commercio e dell’artigianato, oltre naturalmente all’agricoltura e all’allevamento sono fondamentali per la vivibilità dei paesi grandi ma sopratutto di quelli piccoli e periferici. Un’economia di prossimità come alternativa al commercio on line che oggi più che mai sta assorbendo fette di mercato grazie alle chiusure ed alla limitazione degli spostamenti causa pandemia.

Momenti difficili dunque in cui è fondamentale recuperare l’orgoglio di appartenenza ad un territorio con condivisione e senso di responsabilità verso noi stessi e verso gli altri.

Ed è questo l’augurio di Natale che la Redazione e l’Editore porgono ai lettori.

Giacomo Eccher