I nostri vent’anni

I nostri vent’anni

Io alla tua età lavoravo già!

Io alla tua età vivevo da solo!

o ancora…“Io alla tua età pensavo al matrimonio!”

Noi Millennials queste frasi le sentiamo in loop. Da queste frasi iniziamo ad immaginare i nostri genitori a vent’anni. Nella nostra mente li collochiamo in un passato indefinito e con una carriera della quale conosciamo solo l’epilogo; ma abbiamo la certezza che abbiano costruito, con determinazione, qualcosa di concreto.

Ora facciamo un flashforward e proviamo a pensare a quello che diremo noi, magari tra 10 anni, a chi ci chiederà dei nostri vent’anni.

Racconteremo della pandemia, del lockdown, del distanziamento sociale, degli esami online, dello smart-working, delle ricette nuove, delle videochiamate, dei pigiami usati più dei jeans, dei caffè solo d’asporto, degli “andrà tutto bene” dai balconi, delle autocertificazioni, del suono delle ambulanze che avevano iniziato ad essere sottofondo costante delle giornate.

Racconteremo del Papa da solo a San Pietro, di Bergamo e delle città deserte, dei DPCM e del CTS, di un mondo che ci faceva un po’ più paura di prima e degli abbracci che mai avremmo pensato ci potessero mancare così tanto.

Racconteremo di un periodo grigio, di incertezza, di confusione, di un purgatorio dal quale si esce solo con l’ottimismo, della solitudine che ci ha accompagnato ogni giorno.

Racconteremo di rapporti umani, nuovi e riscoperti.

Racconteremo di pensieri belli e brutti, di voglia di riscatto alternata allo sconforto; perché, come il pendolo di Schopenhauer che oscilla tra noia e dolore, la gioia l’abbiamo percepita solo fugacemente nei suoi intervalli. Ci siamo sentiti come Dante nella selva, come Van Gogh chiuso in manicomio a guardare dalla finestra, come l’Amleto di Shakespeare; quando invece saremmo solo voluti essere in un quadro di Monet o Seurat.

Questo è quello che abbiamo già vissuto, e che non possiamo cambiare; ora proviamo ad immaginarci il futuro, quello che vorremmo poter dire di aver fatto.

Io vorrei raccontare di obiettivi raggiunti, di cambiamenti positivi e di serenità riconquistata.  Per farlo e per innescare il contropiede, in questa partita che attualmente registra uno 0-0, serve una squadra coesa e con lo stesso punto d’arrivo. La squadra è formata da pazienza, concentrazione, ambizione e determinazione.

E per chiudere al 90’ con un goal, l’assist ce lo deve fare quel briciolo di fortuna che non fa mai male.

Tutti abbiamo letto di giovani che non sanno contro-reagire a questa situazione, che non sanno come comportarsi o non riescono ad accettare le nuove regole. Perché, in realtà, nessuno sa realmente cosa fare e di conseguenza cosa consigliare. C’è chi si chiude in camera e chi nella propria camera non ci riesce proprio a stare. I primi rischiano la salute cadendo in uno stato di pseudo depressione, i secondi rischiano la salute causa pandemia. In ogni caso si sbaglia.

E dopo un anno non si può recriminare nessun comportamento. Né a chi le decisioni le deve prendere, né a chi da casa deve interpretare il “si può uscire ma è consigliato non uscire”. Chiaramente il buon senso vige sovrano ma è dato di fatto che non viva in tutti.

E intanto la musica di fondo ripetitivamente ci propone frasi come “cresce la curva”, “salgono i contagi”, “aumentano i decessi”; parole che non attirano neanche più la nostra attenzione per quanto le abbiamo sentite in ogni telegiornale e lette su ogni quotidiano.

Gli argomenti delle small talks non sono più il meteo, l’andamento della borsa o come stia l’amico in comune; ma il Covid. Si parla di questo, di come l’altra persona abbia interpretato il nuovo DPCM, che ultimamente si attende come si attende l’Epifania, perché non si sa se sarà una benedizione con le caramelle oppure una condanna con il carbone.

E per i più temerari dell’argomento ci sono i vaccini: AstraZeneca, Sputnik, Pfizer, Moderna, BioNTech. Assomiglia ad una lista della spesa che però non viene mai spuntata. A noi probabilmente poco importa quale verrà scelto, l’importante sarebbe tornare a respirare faccia a faccia ad un’altra persona, abbassare la mascherina e sorridere.

Ma per qualcun altro le variabili da considerare per il proprio interesse sono molte più.

Ad oggi, dopo più di un anno dalle prime notizie che facevamo fatica ad accettare e dalle prime immagini che hanno destabilizzato i nostri animi, siamo ancora qui a chiederci se domani sarà tutto uguale ad oggi, se il negozio sotto casa aprirà, se quel biglietto aereo prenotato nel 2019 lo useremo quest’anno o nel 2022 e se il tuo paese sarà arancione rafforzato o rosso.

Dopo tutto questo tempo sono cresciute le domande ma non sono mai arrivate le risposte. La pazienza scende e la frustrazione sale. L’attenzione diminuisce e l’impulsività aumenta.

Perché se hai vent’anni la voglia di prendere la porta e uscire è tanta, la voglia di spensieratezza sovrasta la paura.

L’augurio che ci possiamo fare per questa Pasqua, che profuma più di deja-vu che di rinascita, è di trovare nell’uovo la nostra dose di vaccino e la prospettiva di un’estate da poter vivere senza plexiglass e senza dover guardare il colore delle regioni prima di prenotare le vacanze.

Ylenia Forner