Femminicidi

Femminicidi

I dati della violenza in famiglia

Negli ultimi decenni a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso circa abbiamo assistito ad un aumento di femminicidi, come se l’ammodernamento della società, l’avanzamento del progresso tecnologico e l’avvento dei social è come avessero trasmesso un diabolico impulso alla violenza, riducendo spazi e tempi per il confronto, per l’esternazione verbale e pacifica delle proprie idee, del proprio malessere, dell’allentamento dei legami e dei sentimenti. Tutti sono diventati più fragili e più vulnerabili, più incapaci di affrontare situazioni nuove, di reagire con la forza della psiche e del cervello all’indebolimento dei legami all’interno dei matrimoni e delle convivenze, dei rapporti sentimentali.

Anche in Trentino è aumentata la piaga dei femminicidi e in Val di Non si è registrato l’aumento della violenza in famiglia, ma specialmente le separazioni conflittuali con dissesti e litigiosità violente, con contrapposizioni tra i coniugi, difficilmente ricomponibili e specialmente con contrasti virulenti le cui conseguenze sono ricadute sui figli in generale e dei minori in particolare.

Negli ultimi due anni, sempre in riferimento alla Val di Non, come ho cercato di considerare verificando il fenomeno in Trentino e in Italia, si è scatenata la virulenza psicologica, esistenziale ed economica con la conseguenza di un numero elevato di conflittualità acute e conseguenti separazioni, che hanno dissestato parecchie, famiglie, in numero superiore rispetto a quella degli anni trascorsi.

La conflittualità in tante situazioni è diventata insondabile sia per le violenze psicologiche e fisiche da parte di maschi, nei confronti della moglie o compagna o convivente, ma anche per l’incapacità o la non volontà di sanare conflitti e incomprensioni, e di interrompere bruscamente i legami e matrimoni, magari anche per impossessarsi della metà dei beni, nel caso della documentata separazione degli stessi, e ritrovare magari una libertà esistenziale. Talvolta ciò avviene in presenza di relazioni extraconiugali che costituiscono in molti casi, sia per gli uomini che per le donne, un’attrattiva più soddisfacente rispetto alla vita o ai ritmi esistenziali che offre il matrimonio, specie se la convivenza non è consolidata e si ricerca una libertà al di fuori della propria famiglia o perché si è attratti dalla proiezione o illusione di cambiamenti più soddisfacenti.

Sicuramente questa conflittualità è aumentata in epoca di pandemia e di prigionia anche in Valle di Non, con molte più separazioni o violenza interne alla famiglia, forse al di sotto comunque della media trentina, che è stata calcolata sul 52% circa di n. di separazioni, comprendendo sia matrimoni che convivenze. E spesso neppure la presenza di figli, specie se minori, trattiene dagli atteggiamenti virulenti o dalla conflittualità incontrollabile, specie da parte dei maschi. Sicuramente in questi processi incide anche la difficoltà di accettare la parità di genere, che comporta il riconoscimento di un’autonomia della donna e della sua libertà. Si scatena anche la rivalsa dell’uomo, che non tollera cambiamenti di vita, prese di posizione autonome da parte della donna. E il fenomeno più intollerabile, più disumano e senza precedenti consiste nell’aumento dei femminicidi in quest’epoca di prigionia dovuta alla pandemia, alla diffusione planetaria di un virus che si è impossessato dell’umanità. Si è scatenata la virulenza più intollerabile e la furia omicida di qualche uomo, sia marito, sia padre, sia convivente, nei confronti della donna compagna di vita.

Sicuramente il cambio di vita che ha riguardato quasi tutti, la mancanza di libertà nei momenti esistenziali, negli svaghi, nei viaggi, l’essere ridotti a un ritmo di vita innaturale, la paura inquietante di essere contagiati, hanno dissestato le famiglie che non avevano una loro solidità, o conflittuali, o con problematiche esistenziali ed economiche. Tempi rallentati e convivenza a volte forzata dalla prigionia ha acuito incomprensioni già latenti. In molti casi si verifica anche lo scatenamento di insoddisfazioni proprie o legate all’ambito lavorativo. Insoddisfazioni e/o incomprensioni scatenano in questi soggetti rabbie e furie fino ad arrivare ad atteggiamenti violenti che sfociano (ancora più in quest’epoca) in violenza sulla donna o premeditato femminicidio.

è aumentata in epoca di pandemia la tendenza a liberarsi dei legami fissi o ripetitivi, a trovare forme di libertà o di relazioni, che spesso – però – sono di illusoria consistenza e soddisfazione. In tutte queste situazioni conflittuali la prigionia da virus ha accentrato il fenomeno della fuga dalla routine domestica, della ripetitività dei legami, dai contesti di chiusura raddoppiati, sia per l’insoddisfazione, magari, dei legami all’interno del matrimonio o convivenza, sia per l’imposizione delle ristrettezze spesso intollerabili della prigionia imposta.

In Trentino e, purtroppo, anche in Val di Non, anche se con percentuali inferiori, è aumentata anche la violenza sulla donna, sia moglie che convivente e in Trentino, sono aumentati anche i casi di femminicidio, ampiamente divulgati e commentati. Ma i riscontri sulla violenza perpetrata ai danni della donna sono stati elaborati dall’Associazione AMA: (Auto Mutuo Aiuto), che opera sia nella prevenzione che nell’aiuto alle donne, collaborando con gli uffici dell’Assessorato provinciale competente.

Sulla base delle denunce, nel 2020, calcolando la quota 1.000 (tra i 16 e i 64 anni) risulta che in Val d’Adige la percentuale è di 4,9%, mentre in Val di Non si aggira sul 2,4%.

Confortante il confronto, ma, come si vede, la nostra Valle di Non non è esente dalla violenza perpetrata nei confronti della donna e comunque le percentuali sono in aumento rispetto agli anni precedenti.

Qualche altro dato, riportato dal sito dell’Associazione è indicativo della situazione: in Trentino nel 2019 si sono registrate 429 denunce di violenza sulla donna, 131 denunce per maltrattamenti in famiglia e ben 500 accessi al Pronto Soccorso, in più nel 2020 i ricoveri per maltrattamenti sono stati più lunghi (fino a 60 giorni), oltre all’aumento di denunce e di accessi.

Dalle informazioni dell’Ufficio Pari Opportunità e Inclusione, ISPAT, risultano i seguenti dati:99 casi di violenza psicologica, 68 casi di violenza sessuale, 39 casi di violenza economica, 386 casi di violenza fisica e 191 casi di stalking.

Troppi pur se in Val di Non la percentuale complessiva, come ho riportato, è nettamente inferiore. è vero che il contesto storico attuale, e in particolare l’anno della ‘prigionia’ da pandemia, minacciano ogni cultura che non sia fondata sulla sopraffazione, sulla perversa civiltà consumistica, sull’egoismo imperante, sul domino incontrastato dei social, dei media, della veemenza delle immagini, ma niente può giustificare la furia omicida scatenata nei confronti di chi (la donna) non si può difendere o non ci riesce, ma che è una parte della propria stessa vita nella presenza dei figli e nei loro ritmi esistenziali di ogni giorno, di ogni anno.

Caterina Dominici