Einstein e la macchina del tempo: viaggio su un raggio di luce! La teoria della relatività speciale

Einstein e la macchina del tempo: viaggio su un raggio di luce! La teoria della relatività speciale

“Tutto ciò che l’uomo ignora, non esiste per lui. Per questo l’universo di ognuno si riassume alla misura del suo sapere”.

                             Albert Einstein

Prologo: la velocità della luce abusata

Adesso vado … alla velocità della luce! Quante volte abbiamo sentito o proferito queste parole nell’intento di rimediare ad un ritardo o una dimenticanza?

Tanti lo dicono e nessuno lo fa!

Statene certi, lo dico con assoluta certezza, nessuno ci riuscirà.

Viaggiare su un raggio di luce! Nell’immaginario di molti un’esperienza indimenticabile un sogno nel cassetto!

Statene certi, dico anche questo con assoluta certezza, il sogno non uscirà mai dal cassetto.

Introduzione: sull’arte di osservare

Facciamo un piccolo esperimento mentale ipotizzando un meraviglioso viaggio a cavallo di un raggio di luce ad osservare il mondo cavalcando un fotone di luce. Prima di procedere cerchiamo però di capire cosa significa osservare. Quando guardiamo una fonte luminosa: una lampadina, il sole (non fatelo per carità!) la rètina dei nostri occhi è colpita da dei raggi di luce (fotoni). La rètina invia degli impulsi al cervello che si manifesta con un fastidioso “abbaglio”. Tanto più intensa è la luce tanto più fastidiosa è questa sensazione, fino ad impedire al cervello di riconoscere forme e colori intorno alla fonte luminosa. Questa che abbiamo appena conosciuto è la luce diretta.

Ciò che invece il nostro occhio percepisce nell’osservare il mondo circostante è per lo più dovuto a luce riflessa. Se guardiamo un panorama di giorno, altro non ammiriamo che un’infinita quantità di onde elettromagnetiche emesse dal sole, che rimbalzano impazzite, in tutte le direzioni, sugli oggetti che incontrano. Alcuni di questi fotoni entrano (senza bussare) nel nostro occhio e vanno a sbattere sulla rètina (un groviglio di terminali nervosi che trasformano l’energia luminosa in impulsi elettrici). I terminali della rètina inviano informazioni al cervello, attraverso il nervo ottico. Il cervello a sua volta, se non è impegnato a fare i fatti suoi, ricostruisce pezzo per pezzo il panorama circostante.La luce del sole che noi percepiamo bianca in realtà è fatta da un’infinità di colori (spettro luminoso). Quando un raggio di luce colpisce una superficie, questa “incassa” e si appropria di molti fotoni di diverse frequenze (colori) e ne restituisce solo alcuni. Un albero ci appare verde proprio perché alle foglie non piace il verde e, assorbiti gli altri colori (frequenze), espelle le varie sfumature dello spettro del verde. Il nero è il più avaro della colorita compagnia, tiene tutto, o quasi, per sè. Egli è l’unico veramente coerente, appare nero di giorno ma è nero pure di notte. Il bianco è il più schizzinoso: riceve, assaggia e “sputa”. Ci appare bianco se è colpito dal sole, ma è verde se lo illuminiamo con una lampada verde, rosso, con una rossa e via, via dicendo.

Su un fotone in due: Il viaggio inizia!                                                 

Comodamente seduti tra le due gobbe di un’onda, io narratore e tu lettore, partiamo emozionatissimi. Mentre il fotone si porta in velocità di crociera (300.000 chilometri al secondo!) osserviamo il mondo scorrere veloce accanto. All’aumentare della velocità, la percezione è quella di viaggiare nel tempo: case, montagne, laghi e fiumi si fondono in strisce sempre meno definite e sempre più colorate.

Sbirciamo il contachilometri, la velocità è da brivido: 295.000 Km. in un secondo, un colpetto sul “pedale” e, 296.000, 297.000, 298.000, 299.000. Intorno é tutto meraviglioso un turbinio di colori, come dentro un’immensa tela impressionista. Altra piccola accelerata, il tachimetro ora tocca i 300.000. Ma cosa sta succedendo? I colori, le luci e tutto ciò che ci circonda é risucchiato improvvisamente, con forza dietro di noi. Un senso di angoscia ci attanaglia! Ora è tutto buio, un buio impenetrabile, inquietante! Ci guardiamo negli occhi, io guardo te, pallido, madido di sudore, tu guardi me! Tremante. Improvvisamente ci è tutto chiaro. Il fotone su cui sediamo è impazzito ed ha deciso di portarci oltre il limite della fisica, voleva meravigliare tutti, noi compresi ed ha superato d’impeto i suoi colleghi lasciando tutti indietro. Un senso di orgoglio misto ad ansia ci impadronisce, stiamo vagando nel futuro! Il presente arranca sempre più lontano dietro di noi. La luce che fino a poco fa ci raccontava il presente non riesce a raggiungerci, noi siamo davanti. Bellissimo, emozionante, ma adesso vogliamo riappropriarci del nostro presente. Due calci ben piazzati nel fianco del nostro fotone, lo convincono a togliere il piede dall’acceleratore e rientrare alla sua abituale velocità di crociera. Guardiamo dietro, qualche bagliore dei primi fotoni del presente ci raggiungono. ora siamo a 299.000 Km. al secondo, e il presente, in un batter di ciglia, ci avvolge: colorato, rassicurante e meraviglioso!

Immagine dal film: viaggio nel tempo

Non serve che ve lo spieghi, lo avete certamente capito, nella nostra folle corsa siamo precipitati per un attimo nel futuro, poi, rallentando, il presente ci ha nuovamente raggiunto. Quello appena descritto è un viaggio tanto meraviglioso quanto impossibile: un viaggio nel tempo. Un viaggio tecnicamente impossibile, ma non è uno scherzo; sono le conseguenze estremizzate della teoria di Einstein. All’aumentare della velocità il tempo si contrae fino a fermarsi completamente a 300.000 chilometri al secondo, proseguendo la corsa, se ciò non fosse negato dalle stesse leggi della fisica (relatività generale) ci addentreremmo, come nel nostro gioco, nel futuro.

Conclusioni: il tempo non scorre per tutti nello stesso modo           

Il mito del tempo assoluto che scandisce il susseguirsi degli eventi, cade nel 1905, quando Einstein elabora e rende nota la sua teoria della relatività speciale. Il tempo non è più un invariante, ma è destinato a contrarsi od espandersi a seconda della velocità ed al sistema di riferimento da cui si effettua la misurazione. Secondo questa teoria l’unica invariante è la velocità della luce nel vuoto (c) pari a 300.000 chilometri al secondo. Che la velocità della luce fosse una costante lo si deve, in realtà a due fisici: Albert A. Michelson ed Edward W. Morley che perfezionarono l’esperimento di Michelson-Morley che porta per l’appunto il loro nome. Questo esperimento dimostrava che la luce si muoveva sempre alla stessa velocità.

Semplificando: con un susseguirsi di misurazioni accuratissime ci si accorse che quando un oggetto sulla superficie terrestre si muoveva verso il sole, per effetto della rotazione del pianeta, le due velocità luce e rotazione del pianeta non si sommavano, quando viceversa l’oggetto sulla superficie “scappava” dal sole, la velocità della luce non diminuiva. Cosa tutt’altro che ovvia: si pensi a due automobili che procedendo a 50 all’ora si scontrano. L’effetto è devastante è come schiantarsi su un muro a 100 Km orari. Se, invece, procediamo in colonna su un’autostrada ed abbiamo l’accortezza di procedere alla stessa velocità del veicolo che ci precede non succede nulla, tra loro i veicoli hanno velocità zero, come quando parcheggiati. La scoperta, se ci pensate, non è per nulla banale. Einstein ebbe l’acume di riassumere i risultati degli esperimenti dei suoi predecessori, all’epoca un mistero, nell’enunciato della teoria relatività speciale.

Vista l’impossibilità, dell’epoca di eseguire esperimenti che confermassero gli enunciati, vennero escogitati degli esperimenti mentali per spiegare effetti e conseguenze di queste teorie rivoluzionarie.              

Postfazione: l’esperimento del treno ed il paradosso dei gemelli

Nei paragrafi seguenti cercherò di riassumere (se ci riesco) due famosissimi esperimenti mentali (quello del treno e quello che sfocerà nel famoso paradosso dei gemelli) in un unico esperimento mentale che mi piace rinominare in: il paradosso delle gemelle.

Immaginiamo due gemelle: Samantha (donna esploratrice) e Penelope (donna paziente ed intelligente). Entrambe, essendo gemelle, hanno, tra le altre, una cosa particolare che le accomuna: riescono a tessere un paio di calzini in 5 ore esatte!

Samantha è seduta al centro di un treno lungo 200 mt. In testa ed in coda al treno sono posizionate due lampade speciali che emettono una luce a velocità estremamente ridotta 20 metri all’ora (meno dell’avanzare di una lumaca). Le due luci puntano verso il centro del treno, su Samantha.

Il treno si muove alla velocità di 20 km all’ora.

Alle 18 in punto (ora del treno) si accendono i due riflettori, dopo 5 ore esatte (alle 23.00) Samantha ha terminato i suoi due calzini e nello stesso istante è inondata dalla luce di entrambi i riflettori (in 5 ore la luce lumaca ha coperto, in entrambi i casi, 100 mt. ovvero 5 ore x 20 mt/ora = 100 mt).

Samantha è sicura, sono le 23.00, sono trascorse esattamente 5 ore. I calzini sono finiti.

Penelope è seduta sulla terra ferma ed è distante dal treno quel tanto che basta per seguire l’evolversi della vicenda. Ha in mano i suoi ferri da calza. Alle 18.00 in punto inizia a sferruzzare, nel contempo osserva il treno in movimento con a bordo la gemella.

Considerato che la velocità della luce è invariabile in ogni sistema inerziale, essa non si cura del movimento del treno e procede dalla testa del treno verso Samantha a 20 mt l’ora.

Penelope, ferma a terra, vede Samantha muoversi seduta sul treno verso la luce di destra.

Dopo 2.5 ore sulla terra ferma:

  • Penelope ha terminato il primo calzino;
  • il treno ha percorso 50 metri (20 mt. ora x 2.5 ore);
  • il fotone di luce partito alle 18.00 ha percorso 50 mt. e va ad accarezzare il viso di Samantha che nello stesso intervallo si è mossa verso di lui a coprire i 50 mt restanti.
  • Samantha sul suo sistema di riferimento (treno in movimento) ha terminato due calzini e per lei sono esattamente le 23.00. Samantha, terminati i calzini alle 23.00 salta dal treno e corre ad abbracciare la gemella, nata solo pochi minuti dopo di lei. Quando abbraccia Penelope, si accorge che lei ha terminato un solo calzino quindi: sul treno erano le 23.00 sulla terra invece solo 20.30.  

Cosa è successo?

Samantha (avventuriera e viaggiatrice) ha guadagnato 2.5 ore di vita (è ringiovanita). Sul treno ha sfruttato 5 ore della sua esistenza per confezionare 2 calzini. Ritornata a casa si accorge che la gemella nello stesso intervallo ha confezionato 1 solo calzino, ne consegue che qui le ore trascorse sono esattamente la metà!

Non sono solo fantasie sono una realtà fisica. Una realtà, di difficile comprensione. Il paradosso ha comunque una spiegazione.

Eccovela, ma prima leggiamo i due enunciati della relatività speciale:

  1. le leggi della meccanica, dell’elettromagnetismo e dell’ottica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali;
  2. la luce si propaga nel vuoto a velocità costante indipendentemente dallo stato di moto della sorgente o dell’osservatore.

Un sistema di riferimento inerziale è un sistema che si muove a velocità costante rispetto ad un altro sistema fermo o che si muove esso stesso a velocità costante.

Quando siamo in treno e dal finestrino vediamo un altro treno incrociarci, dall’osservazione dei soli movimenti relativi è impossibile capire quale è fermo e quale in movimento.

Il primo enunciato ci dice che all’interno di questi sistemi isolati tutte le leggi della fisica sono valide.

Il secondo enunciato è quello descritto nel paradosso: la luce si muoveva a 20 metri l’ora sia sul treno in movimento e sia sulla terra ferma.

Questo è ciò che succede se i due sistemi vivono di vita propria, separati.

é quando da un sistema si osserva a distanza l’altro sistema in movimento relativo che le cose cambiano; nel sistema in movimento trascorrono 5 ore, nell’altro, fermo sulla terra, solo la metà. Questo perché la luce (birichina!) se ne infischia se è emessa da una fonte ferma a terra o su un treno in movimento: essa procede impassibile alla sua velocità di 300.000 chilometri al secondo.

Questa velocità immensa in fisica è nota come: c.

La conseguenza è quella del paradosso. Il tempo sui due sistemi scorrono con diversa cadenza. Il tempo quindi è come una fisarmonica, si espande o si contrae a seconda dei sistemi di riferimento in gioco.

Dove sta la spiegazione scientifica di questo?

La soluzione è nel salto di Samantha dal treno alla terra ferma. Nel preciso istante che, essa tocca terra, subisce una brusca decelerazione ed entra nel nuovo sistema di riferimento in compagnia della gemella. L’azione rompe l’incantesimo dei due sistemi inerziali isolati. Accelerazione decelerazione non sono compresi nel primo postulato di Einstein.

Resta vero il fatto che se i due sistemi rimangono isolati tra loro il tempo subisce delle contrazioni apprezzabili solo a velocità prossime ai 300.000 km al secondo.

Tutto bello ed affascinante, ma serve? La risposta è “ni”.

Le vecchie leggi di Newton sono ancora validissime in qualsiasi applicazione pratica, lontano da velocità estreme ed anche a calcolare le rotte dei viaggi spaziali. Esse devono essere tenute in considerazione nelle tecnologie satellitari (GPS in testa) e sui satelliti in rotazione intorno alla terra il tempo scorre diversamente rispetto al pianeta, quindi per sincronizzarli tra loro le leggi relativistiche devono essere tenute in debita considerazione. Ma il risvolto, rivoluzionario, è quello filosofico esistenziale. Il crollo del mito del “tempo” ed il preludio alla teoria della relatività generale, la curvatura dello spazio tempo, la scoperta che energia e materia sono in stretta relazione, e che piccole quantità di materia possono trasformarsi in enormi quantità di energia (Fusione nucleare).

Ma questo è un altro discorso che, forse, affronteremo se “il Melo” dopo questa mia bravata relativistica non decide di fare a meno di me!

Buona fisica a tutti!

Claudio Travaglia