A chi spetta la proprietà dell’edifico?

A chi spetta la proprietà dell’edifico?

Se una casa è costruita sul terreno di proprietà esclusiva di uno dei coniugi o su un fondo tra loro in comproprietà

In questo numero de “Il Melo” andremo a trattare una tematica molto dibattuta in occasione dei procedimenti di separazione e/o divorzio, quella relativa alla proprietà dell’edificio costruito in costanza di matrimonio sul terreno di proprietà esclusiva di uno solo dei coniugi.

Ed infatti, spesso capita che nel corso di un rapporto matrimoniale la coppia decida di costruire la propria casa famigliare sul terreno di proprietà di uno solo dei coniugi. In particolare, accade frequentemente che uno dei coniugi metta a disposizione il terreno, e l’altro il denaro necessario a procedere alla costruzione dell’edificio. In questo articolo andremo quindi ad analizzare la normativa in materia al fine di stabilire di chi sia la proprietà dell’immobile così edificato.

è bene sin d’ora osservare come la materia sia regolata dal principio dell’accessione, previsto e disciplinato dall’art. 936 c.c., per cui il proprietario di un bene immobile acquista la proprietà di un altro bene che è venuto in essere sullo stesso. Ne consegue che il proprietario del suolo su cui venga costruito un edificio, ne acquisterà la proprietà. Detto principio vale sia nell’ipotesi in cui il regime patrimoniale prescelto dai coniugi sia quello della separazione dei beni, sia in quella in cui i coniugi abbiano optato per il regime patrimoniale della comunione legale dei beni.

Pertanto, ove l’edificio venga costruito su un fondo di proprietà personale esclusiva di uno dei coniugi, lo stesso diverrà di proprietà del titolare del terreno, salvo patto contrario. Sul punto è bene ricordare come ai sensi dell’art. 179 c.c. non rientrino nella comunione legale dei beni, e siano pertanto beni personali del coniuge:

a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;

b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;

c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;

e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

L’acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell’articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge”.

Pertanto, anche in vigenza del regime patrimoniale della comunione legale dei beni, ove il terreno su cui la casa è stata costruita, sia da qualificarsi come bene di proprietà personale esclusiva di uno dei coniugi, anche l’edificio diverrà di proprietà di tale coniuge, ciò in virtù del principio dell’accessione sopra menzionato.

In tal caso, il coniuge non proprietario che ha utilizzato il proprio denaro per la costruzione della casa, potrà contare solamente su una tutela di tipo obbligatorio. Ed infatti, l’art. 936 co.2 c.c. prevede che il proprietario del fondo su cui sono state edificate delle opere, ove intenda ritenerle, dovrà a sua scelta versare a chi le ha realizzate “il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera oppure l’aumento di valore recato al fondo”. Si tratta di un indennizzo riconosciuto in favore di colui che, con il suo apporto, ha contribuito alla costruzione di un bene sul fondo di proprietà altrui.

Ove dei coniugi in regime patrimoniale di separazione dei beni abbiano acquistato un terreno intestandolo per un mezzo a ciascuno, anche l’immobile che verrà edificato sullo stesso entrerà a far parte di tale comunione, salvo espresso patto contrario.

Allo stesso modo, ove su un terreno acquistato da coniugi in regime di comunione legale dei beni, venga realizzato un edificio, detto immobile entrerà a far parte della comunione legale dei beni, salvo patto contrario. In entrambe le ipotesi, ove il denaro necessario per la costruzione dell’edificio provenga da uno solo dei coniugi, questi, in caso di cessazione del vincolo matrimoniale, potrà richiedere all’ex partner l’indennizzo previsto dall’art. 936 co.2 c.c., di cui sopra si è detto.

Ciò premesso è opportuno chiedersi come possa tutelarsi il coniuge che si accinga a costruire sul fondo di proprietà del partner, o in comproprietà con quest’ultimo, un’immobile con denaro proveniente in via esclusiva dalle proprie tasche. Sul punto è opportuno rilevare come il principio dell’accessione possa essere derogato mediante apposite pattuizioni. Sarà pertanto necessario che tale soggetto si attivi preventivamente, stipulando con il coniuge un apposito atto in cui dovrà essere regolamentata la questione relativa alla proprietà dell’edificio, se del caso derogando in maniera espressa al principio dell’accessione.

Sul punto, trattandosi di questione di una certa delicatezza, si invita il lettore a rivolgersi al proprio legale o notaio di fiducia, i quali sapranno fornire i consigli più opportuni al fine di tutelare al meglio gli interessi in gioco, evitando così l’insorgere di sgradevoli sorprese.

Avv. Daniele Leonardi

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