Il comodato di casa famigliare

Il comodato di casa famigliare

Nella quotidianità sono molti i casi di genitori che concedono i loro immobili in comodato ai figli affinché li adibiscano a propria casa famigliare. Tale operazione ha però conseguenze assai rilevanti, che saranno analizzate, seppur per sommi capi, in questo articolo.

Al fine di mettere il lettore nella condizione di poter comprendere appieno la questione è innanzitutto opportuno fornire alcune nozioni di base, partendo dalla stessa definizione di comodato.

Il comodato è il contratto con cui una parte, detta comodante, consegna all’altra, chiamata comodataria, un bene mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo ed un uso determinato, con l’obbligo di restituire la cosa ricevuta.

Essendo il comodato un contratto a titolo gratuito, nello stesso non è previsto il pagamento di alcun corrispettivo, ed è anche per questo motivo che il comodatario che abbia effettuato delle migliorie sul bene concessogli in comodato non avrà diritto al rimborso per le eventuali spese sostenute per servirsi della cosa. Il comodatario è poi tenuto a conservare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia.

Il nostro ordinamento prevede due principali tipologie di comodato, ossia: 1) il comodato a termine: in cui è stato pattuito un specifico termine di durata, decorso il quale il bene andrà restituito. Sul punto è bene specificare come in alcuni casi la durata del rapporto potrà desumersi anche dall’uso cui la cosa è destinata; 2) il comodato precario: in cui non è previsto alcun termine di durata.

La distinzione tra queste due tipologie di comodato è molto rilevante. Ed infatti, nel comodato precario il comodatario dovrà restituire il bene al comodante non appena quest’ultimo glielo richiederà, mentre nel comodato a termine sarà tenuto a restituirlo solamente alla scadenza del termine pattuito, non potendo il comodante pretenderne la restituzione prima della data stabilita, salvo sussista un suo urgente ed imprevedibile bisogno. La differenza non è di poco conto.

Ciò debitamente premesso, in questo articolo ci occuperemo di una particolare tipologia di comodato, quella dell’immobile destinato a casa famigliare. È bene sin d’ora rilevare come il comodato concesso per soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario sia considerato dalla giurisprudenza un rapporto a termine anche nel caso in cui tra le parti non sia stato pattuito alcun termine. In questi casi, infatti, il temine di durata è implicito, ed è desumibile dall’uso cui la cosa è stata destinata.

Da tale qualificazione del rapporto consegue che il comodante non potrà chiedere al comodatario la restituzione dell’immobile fino a quando l’immobile continuerà ad essere adibito all’uso cui è destinato, fatta sempre salva l’ipotesi in cui il comodante ne chieda la restituzione per un proprio urgente ed impreveduto bisogno.

Ed infatti, la Suprema Corte ha statuito che nel caso di comodato destinato a casa famigliare “anche se le parti non hanno pattuito il termine finale del contratto, questo non può essere ricompreso nella fattispecie di cui all’art. 1810 c.c., in quanto la specifica destinazione alle esigenze abitative della famiglia è idonea a conferire all’uso a cui la cosa doveva essere destinata il carattere di termine implicito di durata del rapporto, la cui scadenza non è determinata ma è strettamente correlata alla destinazione impressa ed alle finalità a cui essa tende, rientrando nella previsione dell’art. 1809, co.1, c.c.”. Da tale qualificazione del rapporto discende che il rilascio dell’immobile non potrà essere richiesto fino a che perdureranno le esigenze abitative familiari a cui esso è destinato, ed il comodante potrà chiedere la restituzione immediata dell’immobile solo in caso di un sopravvenuto, urgente ed imprevisto bisogno ex art.1809 co.2 c.c. (Cass. 3553/2017; Cass. Sez. Un., 3168/2011 ex multis).

Per meglio comprendere la rilevanza di tali conclusioni si riporta qui di seguito un caso pratico.

Poniamo che dei genitori, proprietari di un appartamento, decidano di darlo in comodato al figlio affinché questo lo adibisca a casa famigliare. Il contratto così concluso, alla luce della giurisprudenza richiamata sarà considerato essere a termine, in quanto la durata del rapporto è desumibile dalla destinazione data dalle parti all’immobile. Pertanto, in questo caso, i genitori potranno richiedere al figlio la restituzione dell’appartamento solamente al venir meno della destinazione dell’immobile a casa famigliare, fatto salvo il caso in cui gli stessi abbiano un effettivo urgente ed imprevisto bisogno di ottenerne la restituzione.

Sempre con riferimento al comodato a uso famigliare, la giurisprudenza ha altresì affermato che la fine del rapporto coniugale non incide sulla durata del rapporto di comodato qualora la casa famigliare venga assegnata al coniuge collocatario della prole, determinando il provvedimento di assegnazione semplicemente una concentrazione del rapporto di comodato in favore dell’assegnatario dell’immobile. Pertanto, la destinazione dell’immobile a casa famigliare non viene meno nemmeno in seguito alla separazione e/o divorzio della coppia comodataria. Non potrà pertanto richiedersi il rilascio dell’immobile all’assegnatario dell’immobile finché perdureranno le esigenze abitative familiari a cui lo stesso è destinato, fatta eccezione per i casi di urgente ed imprevisto bisogno del comodante (Cass. n. 8571/2018 ex multis).

Tonando al caso pratico dianzi esposto, ciò significa che, in caso di divorzio del figlio ed assegnazione della casa famigliare alla di lui moglie in quanto collocataria dei figli, i genitori non potranno chiedere alla ex nuora, cui la casa è stata assegnata in sede di divorzio, la restituzione dell’immobile, se non in presenza di un loro  urgente ed imprevisto bisogno, che, come esposto dalla giurisprudenza di legittimità dovrà essere “serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto”(Cass. 18619/2010). Tale principio non vale solo nei casi di separazione e/o divorzio, ma anche nel caso in cui a cessare sia un rapporto di convivenza (Cass. 13592/2011).

Vi sono poi altre ipotesi in cui il comodante potrà chiedere la restituzione dell’immobile concesso in comodato, ma sono legati a casi di inadempimento del comodatario agli obblighi sullo stesso gravanti (es. inadempienza agli obblighi di custodia e conservazione, attribuzione al bene di un uso diverso da quello pattuito o reso necessario dalla sua natura, cessione a terzi del godimento dell’immobile senza il previo consenso del comodante).

Alla luce di quanto esposto, è quindi evidente come, prima di concedere in comodato un immobile, sia necessario farsi consigliare da un professionista, così da evitare spiacevoli sorprese.

avv. Daniele Leonardi