Gli antichi “lezi”

Gli antichi “lezi”

Capolavori di ingegno, fatica e di storia nonesa

Passeggiando sul lez di Revò…

Rimanendo in alta val di Non, per chi non la conoscesse, può essere molto piacevole scoprire la facile passeggiata sul lez di Revò.

A monte del paese di Revò, in località “Sabbionare”, dopo un breve percorso in zona frutticola, troviamo la partenza di una comoda e pianeggiante stradina sterrata che si inoltra nel bosco in direzione Frari di Lauregno.

È stata realizzata, qualche anno fa, sopra i grossi tubi in ghisa interrati che trasportano l’acqua irrigua per i comuni di Cagnò, Revò, Romallo e Cloz. Questo percorso è molto comodo e privo di pericoli anche per famiglie con bambini piccoli e con passeggino. Nella parte iniziale di questo largo sentiero ci sono dei bei punti panoramici sul lago di S. Giustina.

Successivamente, quando il bosco, prevalentemente di pini, lo consente, lo sguardo può spaziare sul versante est, a monte di Preghena e verso la valle di Rumo; percorsi circa 4 Km, senza fatica e godendo della tranquillità, dei colori, dei profumi e dell’aria salubre del bosco, c’è la possibilità di sostare e riposare su una piccola terrazza panoramica. A questo punto è possibile intraprendere la via del ritorno sullo stesso comodo sentiero. 

Per chi invece volesse allungare la passeggiata è possibile proseguire per altri 2,5 km fino ad arrivare alla strada asfaltata che sale a Tregiovo. Anche in questo caso il ritorno sarà sullo stesso percorso. Questo tratto sul lez di Revò è inserito sulla ormai nota pista ciclo-pedonale “Rankipino” che parte da Mostizzolo ed arriva, dopo 57 km, al passo Palade. Pur trovandoci nel suggestivo territorio delle Maddalene, per ora, il flusso antropico è ancora abbastanza limitato e ciò consente di godere appieno della pace e bellezza di questi ambienti.

Dalla località Sabbionare di Revò è anche possibile passeggiare in direzione opposta e cioè verso Cloz, su un altro tratto sterrato della pista Rankpino; In questo caso il percorso è un po’ meno agevole e dopo circa 4 Km si arriva in zona campo sportivo, a monte del paese.

Ancora una volta, durante una rilassante passeggiata sopra il cosiddetto lez, con l’acqua che scorre sotto i nostri piedi, possiamo ripensare agli sforzi fatti, dalle generazioni passate, per portarla nei territori abitati e coltivati. In tempi remoti la vita era estremamente dura; quando le calamità naturali, come gelo, nubifragi, grandine e siccità, si scatenavano si affacciava anche il minaccioso spettro della fame, giacché la disponibilità di cibo dipendeva quasi esclusivamente dal poco prodotto che la terra poteva dare. Era un’agricoltura ancora rudimentale e, prevalentemente, per autoconsumo che si basava sulla coltivazione di piccoli terreni di frumento, avena, patate, fagioli, lino canapa, qualche pianta da frutto, qualche gelso ed il fieno per allevare qualche capra e pecora. Nella zona di Revò, sui pendii solatii, già dal diciannovesimo secolo, un’importanza particolare e crescente la riscuoteva la coltivazione del groppello, il cui vino veniva, in parte, trasportato fino a Vienna per la vendita.

Come detto, ci furono annate molto dure in cui la siccità fu devastante: fra queste vengono ricordati il 1709, il 1778, il 1800 e soprattutto il 1816 (“l’an del sedes”). Questi eventi calamitosi indussero la popolazione rurale di allora ad accelerare gli sforzi per affrontare l’atavico problema di penuria d’acqua, elemento vitale per la sopravvivenza stessa.

Nel caso dei paesi della Terza Sponda il primo a realizzare una canalizzazione di 4-5 km, per prelevare acqua dal torrente Pescara, in località Frari di Lauregno, fu Cagnò nel 1784.

Pochi anni dopo, nel 1790, anche Revò inizio a costruire il proprio acquedotto attingendo allo stesso torrente. Erano canali aperti, scavati a mano nel terreno e nella roccia, che richiedevano una continua manutenzione e sistemazione delle sponde, ma finivano comunque con il disperdere molta della preziosa acqua che trasportavano fino a monte della zona agricola.

Romallo e Cloz aspettarono invece fino al 1922 per poter costruire un canale comune più stabile ed efficace, sempre su un tragitto simile a quelli di Revò e Cagnò, poiché le prese dell’acqua erano sul torrente Pescara. La coesistenza in loco di questi tre canali con caratteristiche simili fa ben capire come, all’epoca, su questo tema delicato quanto vitale, era più facile litigare che non trovare soluzioni comuni.

Nel 1990 tutti questi consorzi irrigui, sotto la regia e lo stimolo della Provincia, capirono finalmente che era necessario unire le forze per realizzare un nuovo e unico canale di adduzione. Venne così costituito il consorzio di secondo grado denominato “Canale della terza sponda”. La nuova opera fu studiata con criteri, mezzi e materiali moderni attingendo, in caso di necessità, anche alle acque un po’ più lontane del torrente Barnes.

Come sempre, una bella passeggiata, oltre che essere molto salutare ed in questo caso per niente impegnativa, ci offre anche l’occasione per riflettere sulle tante opportunità che oggi abbiamo a disposizione ma naturalmente poi dipende da noi saperle apprezzare e ed imparare ad accontentarsi.

Piergiorgio Ianes