Noi poveri vecchi…

Noi poveri vecchi…

Con articoli pubblicati nei mesi scorsi abbiamo cercato di descrivere, almeno parzialmente, com’era la nostra vita durante la nostra giovinezza attraverso i vari mesi dell’anno. Giunti al termine del servizio ci permettiamo di sottoporre alla vostra attenzione alcune considerazioni su questo argomento.

E’ chiaro. Da allora molte cose sono cambiate. Rivivendole nel racconto, anche a noi parevano incredibili.

Sembravano avvenimenti successi nei secoli scorsi o su un altro pianeta. Rappresentavano un mondo completamente diverso da quello attuale.

Quanti cambiamenti sono successi in pochi anni!

Eppure, a parlarne, siamo ancora noi che abbiamo vissuto questa realtà sulla nostra pelle.

Da allora ad oggi, in poco tempo, è fortemente modificato sia il modo di pensare, sia il modo di vivere.

Rammentando i fatti abbiamo avuto anche la conferma che ai nostri tempi la vita era abbastanza dura.

Tuttavia, nonostante questo, fortunatamente, siamo sopravvissuti.

Purtroppo, noi abbiamo avuto la disgrazia di vivere la nostra giovinezza senza codice fiscale e senza tessera sanitaria.

Per consolarci, però, durante la guerra ci hanno fornito le tessere annonarie per l’acquisto contingentato degli scarsi viveri di prima necessità. Amara consolazione!

Quando eravamo giovani, d’estate avevamo sempre le ginocchia sbucciate e d’inverno i geloni. Abbiamo sopportato tutto e non siamo morti.

Per tenerci caldo, d’inverno, non avevamo il piumino; avevamo solo una misera maglia di lana, fatta in casa, dalla mamma o dalla nonna. Abbiamo resistito al freddo e al gelo, magari battendo i denti ma siamo sopravvissuti.

Camminavamo scalzi sei mesi l’anno. La pelle dei nostri piedi era dura come il cuoio ed eravamo sempre a rischio di punture e d’infezioni. Abbiamo superato tutto e siamo ancora qui a raccontare.

Non avevamo l’abbonamento giornaliero alla scuola di sci; andavamo semplicemente a slittare con i nostri compagni. Però, ci siamo ugualmente divertiti.

Dovevamo ubbidire ai genitori, al prete e ai maestri ma non ci siamo mai sentiti delle vittime; abbiamo capito che loro ci aiutavamo a crescere meglio.

Quello che non ci piaceva a pranzo dovevamo mangiarlo a cena. Nonostante questo non siamo morti di fame.

Andavamo sugli alberi a raccogliere la frutta. La mangiavamo direttamente senza lavarla e sbucciarla e siamo ancora qui.

Non conoscevamo le bibite: Coca-cola, Fanta e l’acqua minerale. Abbiamo bevuto quella dei ruscelli e della fontana e non siamo morti.

Non conoscevamo il Parmigiano o il prosciutto di Parma; era già tanto che ci fosse un pezzo di formaggio nostrano o una fetta di lucanica. E non siamo morti di fame.

Non importava se il pane era fresco o vecchio; l’importante era che ce ne fosse a sufficienza per tutti.

Ai nostri tempi gli alimenti si mangiavano genuini. A colazione si beveva il latte appena munto. Siamo sopravvissuti. Adesso, invece, occorre il latte parzialmente scremato, la panna senza lattosio, il caffè decaffeinato, il tè senza teina e la birra senza alcol.

Da poco  tempo e, per ultima, è arrivata anche la bistecca senza carne! Coraggio!

I prodotti alimentari non avevano scadenza; si mangiavano appena acquistati. Il frigorifero non serviva.

Ai nostri tempi, i genitori davano la crusca ai maiali; adesso la comprano in farmacia per le persone.

La cura dimagrante si faceva lavorando sodo nei campi; non servivano le diete mirate .

Adesso, per essere alla moda, i giovani si strappano i pantaloni. Allora i nostri genitori li rammendavano per non farci sembrare dei poveracci.

Non c’era la lavatrice. C’era la tinozza e, in casa, il bucato non mancava mai.

Non c’erano i detersivi. Però, c’’era sempre il sapone, la cenere e l’olio di gomito delle mamme.

Stesso discorso per il bagno. Non c’era la vasca o la doccia, ma ci si lavava ugualmente nella tinozza. Eravamo ugualmente belli puliti.

Per sapere le previsioni del tempo non guardavamo il bollettino meteorologico. Non esisteva.

Aprivamo la finestra della cucina e guardavamo la direzione delle nuvole. Sembra strano, ma indovinavamo quasi sempre.

Le bussole per la posta non erano piene di pubblicità. Mancavano entrambe.

I vecchi non avevano la pensione: per questo, però, non morirono di fame.

Non eravamo digitali. Non c’erano il WhatsApp e l’Emoticon, però, riuscivamo a parlarci ugualmente. Forse più di adesso.

Non c’era la Tv. Così ci rimaneva il tempo per fermarci a chiacchierare con il vicino di casa. Erano relazioni calde e non erano fredde, come quelle degli attuali, fatte con il WhatsApp.

Non avevamo gli SMS, però, riuscivamo ugualmente a comunicare con le nostre compagne facendo passare i bigliettini sotto i banchi.

Tutti parlavamo in dialetto e ci capivamo perfettamente.

Problema immondizie. Non esisteva.

Non c’erano i CRM ma, nonostante questo, ai bordi delle strade non si vedevano rifiuti.

Gli avanzi della cucina venivano portati sulla concimaia o dati ai maiali.

Il materiale metallico era messo da parte per quando passava il raccoglitore di ferri vecchi.

Lo stesso discorso valeva per gli stracci. Si mettevano in un sacco e poi si consegnavano al cenciaiolo. In cambio egli ci dava qualche tazza, piatto o scodella di terracotta.

Non c’erano gli orologi da polso. Non si doveva correre guardando l’ora. Però, si arrivava a fare tutto, con calma e spesso anche molto bene.

Non si chiudeva mai la porta a chiave; non mancava mai nulla.

Per le strade i lampioni erano rari e con scarsa luce. Nonostante questo si poteva camminare tranquilli, anche di notte, senza la paura di fare brutti incontri.

Domanda:

Come abbiamo fatto noi, ora poveri vecchi, quando eravamo giovani, a vivere e a crescere in quelle condizioni senza le odierne comodità?

Ci mancava qualcosa? Eravamo infelici? Eravamo dei disadattati? Siamo cresciuti menomati o sempliciotti ? Dilemma! Pensateci!

Piero Turri