Vero o falso?

Vero o falso?

Stiamo vivendo nell’epoca dei social media e della rete internet che spesso riteniamo anche la strada maestra per informarci. Ciò comporta però il rischio gravissimo di prendere per vere affermazioni di ciarlatani. Ma poi ci sono anche i professionisti della disinformazione. Questi ultimi, usando disinvoltamente i mass media, volutamente cavalcano le paure ataviche dell’uomo per diffondere allarmismo e generare comportamenti irrazionali. Perché lo fanno? Perché dietro c’è sempre una qualche forma d’interesse o per ignoranza. In questa pericolosa “babele dei nostri giorni” spesso fanno più breccia i ciarlatani che gli uomini di scienza ed i rischi che ne derivano possono essere gravissimi. Pensiamo a quanto è successo e sta succedendo durante la pandemia da Covid, ma anche su altre questioni che riguardano la salute, l’alimentazione o l’ambiente.

Di seguito voglio riportare un “estratto” dell’intervista “impossibile” al “disinformatore professionista”, riportata dal settimanale on line AgroNotizie (su cui potete trovare la versione integrale). L’autore è Donatello Sandroni, laureato in Scienze Agrarie e collaboratore della testata come giornalista libero professionista e divulgatore scientifico. Se letto con attenzione può aiutarci a capire quanto possa essere facile fomentare paure e dubbi. Una delle paure cavalcate quotidianamente è quella contro la chimica, specie quella impiegata in agricoltura.

Ma pensiamo un’attimo a com’era la qualità di vita cinquant’anni fa, quando la chimica non c’era: migliore o peggiore?

Oggi non c’è più la fame (almeno da noi) e contestualmente la salute e la longevità delle persone è sensibilmente migliorata. Questo non vuol dire poter rinunciare a monitorare l’andamento delle cose, ma nemmeno si può vivere perennemente con delle paure ingiustificate e contestando tutto e tutti.

“Disinformare e allarmare è un’arte e ci vuole mestiere per farlo professionalmente. Per comprendere tali dinamiche AgroNotizie ha intervistato lui: il Disinformatore”                           

   di Donatello Sandroni

Potrebbe elargirci qualche perla di saggezza riguardo al suo, diciamo così, mestiere?

“Guardi, iniziamo col dire che disinformare e allarmare la gente è un lavoro molto più complesso di quanto si pensi, sebbene col tempo diventi facile. Sa com’è, l’esperienza fa la differenza. Mille dettagli vanno però considerati, al fine di confezionare dei servizi choc che poi facciano parlare per giorni sui social e su altri media. In questo, pensi, ci aiutano spesso le vittime stesse delle nostre, chiamiamole così, ‘inchieste’. Nostri complici, consapevoli o inconsapevoli, sono per esempio gli agricoltori, i tecnici, gli industriali e perfino certi scienziati che traggono vantaggio, o pensano di trarne, da siffatte comunicazioni di parte. A volte per mero vantaggio espositivo, poiché la fame di fama è una brutta bestia, oppure perché sussiste una vera e propria convenienza economica, personale o professionale, nel cavalcare e talvolta fomentare il nostro stesso operato”.

Si spieghi meglio: se voi sfornate a ritmo di carica i mille servizi anti-agricoltura, anti-zootecnia, anti-tutto, sarebbe in fondo colpa nostra?

“No, non ‘vostra’ in senso lato. Ma di alcuni di voi senz’altro. Per esempio c’è chi ha basato la propria carriera, anche universitaria, sui temi eco-bio-naturisti, quindi ha tutto l’interesse che noi si confezionino servizi che demonizzino i pesticidi di sintesi, oppure gli allevamenti intensivi, o ancora gli Ogm.  E infatti compaiono spesso nei nostri servizi come testimonial ‘buoni’ da contrapporre a quelli ‘cattivi’. Questi ultimi, invece, vanno ovviamente fatti percepire come servi delle multinazionali o di qualche non meglio precisata lobby. Anche il nostro atteggiamento verso gli uni e verso gli altri sarà quindi diverso: se intervisto uno dei ‘buoni’, per esempio, non lo contraddirò mai mentre racconta le sue stupidaggini. Né gli chiederò prove di quello che dice, per quanto balzane e gravi siano le sue affermazioni. Anzi: magari annuirò tutto serioso col microfono in mano, contribuendo con il mio assenso a corroborare quelle testimonianze, anche le più false e tendenziose. Al contrario, se l’intervistato è un esponente dell’industria lo incalzerò con domande sibilline, le cui risposte so bene essere complesse e quindi perdenti in una trasmissione tv, dove in poche battute si devono liquidare temi importanti. Lo farò quindi passare per uno che sta sul banco degli imputati, lo mostrerò esitante, messo all’angolo. Userò solo quel minuto o due in cui dice cose a cui io posso attaccarmi, omettendo il resto dell’ora e mezza dell’intervista. Il sapiente taglia e cuci di redazione, del resto, non s’improvvisa mica su due piedi sa?

Eccome se lo so. Per non parlare della selezione dei testimoni fra la gente comune…

“Ovvio. Vuole mettere l’impatto di una mamma che davanti ai microfoni afferma di aver perso un figlio per una grave malattia dovuta ai pesticidi? Poi magari si scoprirà che s’è inventata tutto di sana pianta, ma intanto il botto grosso l’abbiamo fatto noi, mica Lei con i suoi dossier tossicologici pubblicati a posteriori. Nulla è infatti più utile ai nostri scopi di un signor o di una signora qualunque che spara opinioni o che porta testimonianze tutte da verificare”

Ci insegni qualche trucchetto spicciolo.

“Sul suo settore? I pesticidi? Niente di più facile. La psicologia, in fondo, è molto semplice se la si sa usare. Pensi: Lei li vede i pesticidi? Li annusa? Li pesa? No: i residui sui cibi, o la presenza nell’ambiente in genere, mica la può quantificare a occhio. Di fatto sono invisibili. Ergo, possiamo far credere che quella presenza sia pericolosa giocando solo sulla percezione. Poi hanno voglia quelli come Lei di scrivere articoli tecnico-scientifici che dimostrano quanto siamo stati manipolatori e fuorvianti: quando una bugia ha già fatto il giro del mondo, la verità si sta ancora allacciando le scarpe. Quindi, si rassegni: vinceremo sempre noi”.

Sì, va bene. Il predicozzo me l’ha fatto, ma ora ci dica: che trucchetti potrebbe usare?

“Cose semplici, intuitive. Per esempio, se voglio fare percepire come pericolosi i trattamenti fitosanitari, mi basterà mandare in onda un atomizzatore che irrora un vigneto mettendo in sottofondo, che so, la colonna sonora del film “Lo squalo” che tutti conoscono e che tutti inquieta. Ci pensi: geniale e immediato. Manco serve il commento. Il telespettatore abbinerà d’incanto le immagini dell’atomizzatore al concetto di pericolo invisibile, esattamente come quando si pensa a uno squalo che ti si avvicina alle gambe senza essere visto. Il pericolo che giunge dall’ignoto, appunto. Ripeto: noi parliamo alla pancia, all’emotività. Lei alla testa e alla ragione. Secondo Lei chi vince?”…

Nota. Sul blog di Donatello Sandroni: “giornalismo & comunicazione… in agricoltura…” è possibile approfondire temi di attualità, di agricoltura, di ambiente e di alimentazione.

Piergiorgio Ianes