La società bocciofila a Mezzolombardo
Una grande storia e la volontà di scrivere nuove pagine
Ad appena tre anni di distanza dal tagliare il traguardo dei sessant’anni, prosegue a spron battuto, con anche la ristrutturazione della sede, la storia della decorata Società Bocciofila Rotaliana. Decorata perché spesso il gioco delle bocce è associato ad attempati signori e signore, nonostante la realtà dei fatti sia ben diversa parlando di Mezzolombardo, perché il circolo ha sempre avuto una buona frequentazione anche da parte dei giovani e di giocatori riusciti ad ottenere importanti riconoscimenti di livello regionale e pure nazionale. «Le bocce sono uno sport per tutti, si inizia da bambini e si gioca tutta la vita» diceva Sandro Orempuller, noto giocatore di livello agonistico. «Con suo papà ho giocato parecchie volte al Pedavena a Trento» ricorda Italo Merlo, presidente per un paio d’anni e giocatore per una trentina con l’attuale “Società Bocciofila Rotaliana”. «Eravamo in quattro tra cui Gino Mottes, un signore di 81 anni di Fai della Paganella. Oltre a essere un bravo giocatore aveva una vera passione per il gioco delle bocce. Con la 500 arrivava fino a Mezzolombardo e poi scendeva a Trento con noi, che tornavamo a casa all’1 di notte.»
Saranno molti i personaggi, fra gli anni ottanta e novanta, che faranno grande il gioco delle bocce in paese, arrivato con la fondazione della Bocciofila Enal nel 1967, a seguito dell’azione congiunta di un drappello composto da una trentina di persone. Poi nel 1979 c’è il passaggio alla Federazione Italiana Bocce (FIB) e
l’adozione dei sistemi di gioco della “raffa” e del “volo”; i più praticati in Italia.
Come suggerisce il nome, la prima sede fu al Bar Enal, anche sede dell’omonimo cinema, in Piazza Erbe. Testimoni, all’epoca giovanissimi, ricordano i campi da gioco in due piste all’aperto ma riuscite a portare il boom in paese, tanto che nella stagione 1978-79 la bocciofila fu premiata con una targa, consegnata dai vertici provinciali dello sport, quale realtà societaria più numerosa del Trentino. «Ricordo 139 soci, contando solo i paesani» riferisce Merlo. «Anch’io ho iniziato a giocare lì. Il papà di un mio amico mi aveva invitato a una gara. Era la prima volta che giocavo e sono arrivato terzo. Non c’erano professionisti, ma lì è iniziato tutto, mi hanno dato una coppa e mi sembrava di aver vinto il mondo.»
La fine degli anni settanta è pure il periodo del passaggio dalle bocce in legno a quelle in metallo e del programma di sviluppo urbanistico, che nel 1980 porterà la società nel nuovo bocciodromo in via Cavalleggeri Udine, dove risiede tutt’oggi. Una struttura polifunzionale, dotata di quattro corsie di gioco all’aperto, poi coperte e in anni recenti riscaldate, così da non interrompere l’attività per via delle stagioni.
Negli anni sono numerosi anche i successi nelle competizioni e con le iniziative promosse, come il trofeo IRES e il Memorial Roat (datato 1978 in ricordo del presidente Romano Roat).
«Memorial che ho vinto in coppia e siamo andati ai campionati italiani a Imperia – ricorda Italo Merlo -. Eravamo in semifinale con una coppia di Pergine e con la paura, perché in confronto a noi avevano un livello altissimo. Però li abbiamo battuti e siamo arrivati in finale contro una coppia di Riva del Garda, anche molto forte. Imperia no saveven nanca ndo che la era! Avevo una 127 che perdeva anche i copertoni – l’aneddoto -. Alle 3 di mattina siamo partiti in quattro con gli amici al seguito per vederci giocare. Arrivati cercavamo per dormire: ma no trovaven nient! – sorride -. Siamo andati al campo, tempo forse un quarto d’ora e ci hanno spazzati via.»
Ma la sottolineatura che ha dato lustro alla società, era il forte clima di amicizia che regnava tra i tanti soci.
«L’importante era vedere la gente che si divertiva e ce n’era davvero tanta. C’era chi passava pomeriggi interi e magari la sera si andava a casa anche senza aver giocato» rivela l’attuale presidente Pasquale Timpone, nel riferire come la società sia ancora in attività, nonostante l’assenza dei giovani d’oggi. «Come tutte le associazioni è un impegno da portare avanti. Personalmente ho bei ricordi, esperienze non da tutti i giorni! L’anno scorso, in coppia, sono arrivato secondo. La finale è durata due ore, ai supplementari eravamo in parità, poi ho sbagliato una bocciata e abbiamo perso la gara.»
«Una volta veniva organizzato anche il torneo dei bar. Dalla Piana alla Val di Non a Trento, ogni bar formava una squadra e sponsorizzava il torneo che si giocava in paese» ricorda Rosanna Cova, terza ai nazionali di bocce a Roma, qualche anno fa. «Ho ancora i brividi quando ci penso! Suonavano l’inno e non riuscivo a cantare dalla contentezza» dice rivelando un’esperienza sempre viva nel cuore verso un gioco impegnativo più di quanto si pensa. «Raggiungere dei risultati così, pur con un gioco così povero e poco calcolato, è un’emozione impagabile.»
Gli aneddoti sarebbero molti, ma tra l’organizzazione delle attività ordinarie e delle competizioni, la voglia di scriverne di nuovi è ancora maggiore.