Due passi alla scoperta dei toponimi e degli idronimi caratteristici della Piana Rotaliana

Due passi alla scoperta dei toponimi e degli idronimi caratteristici della Piana Rotaliana

La toponomastica della Piana Rotaliana non è solamente una testimonianza storica. Come per i territori vicini e lontani che la circondano è pure, e forse vale la pena dire soprattutto, un prezioso strumento per comprendere l’evoluzione geografica, sociale e culturale di un territorio ricco di tradizioni e di leggende.

Per tradurre al meglio questo particolare argomento, discusso con la filologa romanza Lydia Flöss (lavora all’ufficio Beni archivistici, librari e Archivio provinciale della soprintendenza per i beni e le attività culturali della provincia autonoma di Trento), ogni nome porta con sé un pezzo di storia che si collega ad un’affascinante e al contempo complesso passato.

Partendo dal ripercorrere la storia e le origini di “Piana Rotaliana”, è un toponimo citato per la prima volta dal monaco Paolo Diacono (in un manoscritto) con il nome di “Campo Rotaliani”. «Questo riferimento storico risale al 584, quando il conte longobardo Ragilo venne assalito e ucciso dal franco Cramnichi in questa località – spiega l’esperta -. Probabilmente il nome deriva dal prediale in -Anum del gentilizio latino Rutilius, comune nella toponomastica italiana.»

La toponomastica caratterizza però anche i nomi dei paesi. A cominciare puntando l’attenzione alla derivazione del nome Mezzocorona, le cui prime documentazioni di questo toponimo risalgono al 1181, quando era chiamata “alla corona di Metz”.

Nel 1288 appare come “villa di Mezo di Corona” e prima del 1500 il luogo è citato anche come “Medium Sancti Gottardi”, “Metz novum”, “Medium Coronae”, “Corona di Metz”, “Kronmetz”, “Neumetz”, “Nova Teutonica” e “Mezotedesco” (questo in contrapposizione con Mezzolombardo).

«Il nome si compone di due elementi: “Mez” e “corona” – spiega Flöss -. La seconda parte, derivata dal latino “corona”, fa riferimento ad un castello o santuario situato in una grotta. “Mez” (o “Mezo”) era l’antico nome della zona, che dopo il XIV secolo si suddivise in tre giurisdizioni: Zambana e Fai, Mezzocorona e Mezzolombardo. La più antica documentazione di “Mez” risale al 1147: “ad Canipam de Metze”.»

Sempre nelle parole della filologa, le etimologie proposte per “Mez” includono:

1. Dal latino “Medium” con il significato di “in mezzo”, riferito alla posizione tra i fiumi Adige e Noce;

2. Dal latino “Medium” nel senso di “campo” o “pianura”, un’ipotesi ottocentesca poi confutata;

3. Dal basso latino “Mezes” o dal latino “Metius”, comparativo di “Mitis”, con il significato di “umido” o “bagnato”, riferito alla natura paludosa originaria della zona.

Spostando l’attenzione sulla vicina Mezzolombardo, le prime menzioni risalgono al 1190 come “domus Tisolini de Campo Sancti Petri” e al 1266 come “Meçi de Sancto Petro”. Prima del 1500 era conosciuto come “Altmetz”, “Metz vetus” e “Mezzo di San Pietro”. «Quest’ultimo nome deriva dalla chiesa di San Pietro, risalente al XII secolo e situata sul colle omonimo.»

«Il nome “Mezzolombardo” – la sottolineatura – riflette la sua posizione sotto la giurisdizione del Principato Vescovile di Trento, in contrapposizione a Mezzocorona, chiamata “Mezzotedesco” perché si trivava sotto la signoria tirolese. Nel IX secolo, “lombardo” assunse il significato di “italiano”.»

È vero che, per adesso, il mensile “il Melo” a Roveré della Luna non viene distribuito, però è un abitato all’estremità della Piana Rotaliana ed ha un toponimo molto particolare, su cui è giusto soffermarsi a dare una spiegazione.

Documentato per la prima volta nel 1288 come “in Metzo ubi dicitur al Rovredum” e nel 1391 come “Roveredo aluna”, Roveré deriva dal latino “Robur -Ore”, che indica una foresta di roveri. Mentre la seconda componente, “Luna” riferisce di due possibili e piuttosto similari interpretazioni.

«La prima derivata da “lacuna”, cioè “palude”, per indicare un’insenatura dell’Adige. La seconda, forse la più nota ed utilizzata, dal latino “luna”, riferita alla forma arcuata del fiume ai piedi di Roveré. Interpretazione, quest’ultima, che si ritrova anche in altri toponimi trentini, come Primaluna.»

Rimanendo in tema di fiumi, la toponomastica ha uno sviluppo anche nella definizione idronimi: vale a dire il significato dei nomi assegnati ai corsi d’acqua. Nel caso della piana i più famosi sono senz’altro il torrente Noce e il fiume Adige.

Quest’ultimo è un nome di origini prelatine, documentato come “At(h)esis” in testi di autori classici come Tito Livio e Virgilio. «La denominazione “Adese” compare nel 1129 a Padova. Nel 1220 è attestato come “Ades” a Trento. Probabilmente il nome è connesso alla cittadina di Este (“Ateste”), che un tempo il fiume attraversava.»

Il Noce invece è stato menzionato per la prima volta nel 1205 come “aqua Nusij” e anch’esso ha origini prelatine. «Oltre collegarsi al nome del suo affluente, la Novella, che arricchisce ulteriormente la ricchezza storica e linguistica del territorio.»

Questa è solo la proverbiale punta dell’iceberg, ma ciò non toglie che più avanti si possa ancora discutere di questo argomento.

Daniele Bebber