La Mezzocorona di Dina Fiamozzi “… tra ricordi, poesie e tanta comunità”
“In un mondo dove si corre sempre più veloce, c’è pure chi decide di prendersi del tempo per fermarsi a ricordare”.
È quello che ha fatto Dina Fiamozzi, memoria vivente del paese, accogliendoci nella propria casa per raccontare la “Mezzocorona di un tempo”, fatta di povertà condivisa, di solidarietà spontanea e di sapori semplici ma genuini. Un racconto che ha preso forma nel libro “Destrani”, in cui da vera e propria custode ha voluto imprimere con lucidità i propri ricordi di una vita vissuta in una piccola borgata della Piana Rotaliana. Il libro, nato quasi per caso, raccoglie episodi che dietro anche ad una certa durezza del cosiddetto “vivere di una volta”, si nasconde una sincera gioia nei confronti della vita stessa e della solidarietà, contributivi al valore della quotidianità. In questo senso una preziosa testimonianza di una comunità, che oggi sembra decisamente lontana anni se non decenni, luce.
Il primo ricordo che Dina ci affida è quello della fontana della piazza, un tempo posizionata tra la canonica e la chiesa.


«Andavamo con i crazidei, i secchi, a prendere l’acqua. Era il nostro punto di ritrovo: si faceva filò, si portavano gli animali a bere. Era la nostra vita. Ma non ci hanno ascoltati quando l’hanno tolta.»
Perfino Demetrio Furlan, ricorda Dina, si era rivolto alla Provincia per cercare di salvarla. Era il 1964, e da quella perdita nacque la sua poesia Fontana de Pia storica “casa granda” in piazza, Dina ricorda bene quel microcosmo di 33 famiglie, con un solo servizio per piano, ma un forte spirito comunitario.
«Eravamo tutti poveri, ma contenti come non mai.»
La casa, un tempo di proprietà delle sorelle De Eccher, era affittata «per quello che si poteva pagare.» Oggi il paese è cambiato profondamente. «Radicalmente – dice Dina. Le case ci sono ancora, ma più moderne. Dove abitiamo adesso, una volta era tutta campagna dei Zanini, i farmacisti. La farmacia era dove oggi c’è il panificio.» Un paese cresciuto in estensione e infrastrutture, ma forse più povero in relazioni umane. Il libro, pubblicato per merito dell’incoraggiamento della bibliotecaria Margherita Faes, è nato da anni di appunti, pensieri sparsi, fogli conservati. «All’inizio non volevo, non sono da libretti. Ma poi, con un po’ di spinta, abbiamo raccolto tutto il materiale.» Il primo seme è stato un libretto intitolato Le botteghe di una volta, da cui si è sviluppata l’opera. Oltre ai testi, il libro è arricchito da fotografie di Ernesto Pitscheider. «Quando fotografava i matrimoni e gli avanzavano un paio di pellicole, veniva da noi e ci fotografava nella vita di tutti i giorni.» Dina ricorda luoghi e persone con lucidità affettuosa.
Il Cason, oggi centro anziani, era un tempo rifugio dei più poveri. La scuola elementare si trovava dove oggi sorge la casa di riposo. Il bar Franco era un tabacchino gestito da due sorelle, il cui padre era un grande invalido di guerra. Dove adesso c’è la fioreria, un tempo c’era l’unico telefono del paese, gestito da Ancilla, che avvisava con un cartello l’ora delle chiamate in arrivo.
La narrazione scorre tra memoria e nostalgia, tra le gite della domenica con il carro e il cavallo fino a Roverè della Luna, dove una gazzosa da dividere bastava per rendere felici. I funerali vissuti come parte della vita, la preghiera ai piedi del letto dei morenti, i cibi semplici ma gustosi, i profumi che oggi sembrano scomparsi. «Non so se era la fame, ma i sapori erano un’altra cosa.»
Più di tutto, Dina racconta un paese che era famiglia. «In casa grande ci si conosceva tutti. Ora si esce dalla porta del condominio e quasi nessuno ti saluta. Ai miei tempi ci si cercava, si faceva pace in fretta. Quasi ci si mancava uno con l’altro.»
Il suo libro, oltre che un affresco della Mezzocorona di una volta, è soprattutto un omaggio al valore della comunità. Un invito, forse trasversalmente, a riscoprire il senso d’appartenenza, la semplicità e la capacità di condividere anche il poco che si ha.
Perché, come ci ricorda Dina Fiamozzi con un sorriso che sa di tempi passati: «Una volta eravamo poveri ma contenti e forse anche un po’ più ricchi dentro.»

