Animali: quando quasi in ogni casa c’era la stalla

“Serve inoltre Val di Sole per allevare ne’ Monti gran copia d’Armenti anco forastieri, che ogn’anno in Estate vi si riducono; e solo in Val di Rabi… si troveran da dieci mila Capi”. Così nel 1613 scriveva il Mariani.
L’allevamento di bestiame (bovini, pecore e capre) fu nei tempi andati la principale attività di nonesi e solandri, strettamente collegata con la coltivazione dei campi (concimati con letame bovino) e dei prati (per incrementarne il numero e la superficie venne “inventato” il maso, piccola casa rustica circondata da terreni falciabili strappati al bosco).
Nei primi decenni del 1900 Giuseppe Ruatti, acuto osservatore del mondo agricolo, annottava che l’allevamento del bestiame fu la salvezza per le popolazioni durante il secolo XIX (nel Capitanato di Cles, che comprendeva anche la Val di Sole, nel 1869 i bovini erano 20 mila e pochi anni dopo oltre 23 mila).
Grande cura veniva riservata a quella ricchezza vivente. Le Carte di Regola si concentrano per molti capitoli sulle prescrizioni per l’allevamento e la cura dei terreni a foraggio.
Norme consuetudinarie stabiliscono che “i manzi, i vitelli, i capretti e gli agnelli siano messi in gregge con buoni pastori” facendo attenzione alla custodia delle “vacche più vecchie di vent’anni” (Celentino e Strombiano 1456).
Proibiscono il pascolo a bestiame foresto (Romeno, Don e Amblar 1459, e poi, di seguito in quasi tutte le Regole). Si legifera con severità per la salvaguardia degli animali in alpeggio (Monclassico 1495: se il bestiame “pericolasse per deffeto del pastore… il casar sia obligato a mandare a casa li pastori inobedienti”).
Si prende in esame anche la morte per incidente o malattia di qualche animale domestico: la carogna si deve “condurre al ri de Venuchel al luogo solito ed antiquo” (Cloz 1550).
Viene assicurata con puntiglio la salute del toro (Dimaro 1586).
A Spinazeda di Cles la faccenda del toro è quasi una saga popolare, con strascichi fino ad oggi (cfr Il Melo nr 107, giugno 2023).
II “filò” nasce nella stalla, al tepore assicurato dai ruminanti; qui i piccoli imparano dagli adulti le regole della vita mentre le donne filano il lino e la lana.
L’impegno di accudire le bestie è senza vacanze (tranne la pausa dell’estate, quando gli animali sono in malga); e la religione accompagna la fatica degli allevatori con la benedizione dell’incenso per la stalla nelle feste natalizie e con la benedizione del sale nel giorno di S. Antonio abate il 17 gennaio.
Nel nostro tempo il rapporto quasi fraterno con gli animali si è allentato. I trattamenti per gli alberi da frutto sono risultati spesso inconciliabili con la commestibilità del fieno; le generazioni più giovani non amano l’odore di stalla e soprattutto il legame quotidiano che impone quel tipo di attività.
Gli allevatori e i bovini sono diminuiti (in Val di Non 278 aziende, con 6635 capi; in Val di Sole 212 aziende con 3727 capi; per quanto riguarda ovini e caprini, in Val di Sole resistono 79 aziende che allevano 913 capi; in Val di Non 39 aziende con soli 188 capi).
C’è un’aria di sospetto per la carne prodotta dai pazienti compagni del contadino; dopo aver alimentato per secoli intere comunità, attualmente – fra mucca pazza e afta epizootica – gli animali vedono l’uomo passare, senza alcuna memoria, nel campo dei nemici.
(*) Da “Storia e storie nelle Valli del Noce”, dicembre 2001.

Mi son n’asenel
Mi son n’asenèl
che paze no l’g’à,
na ciarga de cà
e n’aotra de là,
von énanzi a stenton
per svolte e pontare
sota l’ombra del baston.
Da na man me pesa
cruzi, miserie, dispiazeri,
magagne e tribulazion.
Da l’aotra per fortuna,
g’é ‘l fagòt de le sodisfazion,
speranze e afeti,
amor e gratificazion.
La strada la é érta,
en sospir, na rampegiada,
na caréza, na slipegiada,
ma finché ‘l peso’l se sgaliva
e ancor vedi ‘ndo che vòn,
no narai a svoltolon.
(Antonietta Dalpiaz Breda)
I0 SONO UN ASINELLO (traduzione)
lo sono un asinello/ che pace non ha/ una soma di qua/ un’altra di la/ vado avanti a fatica/ sotto l’ombra del bastone/ Da un lato mi pesano/ crucci e dispiaceri/ malattie e tribolazioni. / Dall’altra per fortuna/ fagotto delle soddisfazioni. / Speranze e affetti/ amore e gratificazioni. / La strada è ripida/ un sospiro, una arrampicata/ una carezza, una scivolata/ ma finché il peso si equipara/ e ancora riesco a vedere dove vado/ non crollerò.