Famiglie nelle valli del noce: origini, volti, curiosità

Famiglie nelle valli del noce: origini, volti, curiosità

Da gennaio una nuova rubrica

Famiglie e comunità, una corsia parallela che attraversa i secoli perché sono le famiglie che formano la comunità e ne cementano le radici. L’ex sindaco di Cles, Giacomo Dusini (1918 – 1996) diceva che un cittadino per sentirsi davvero parte di una comunità dovrebbe avere almeno ‘kater o zinch” morti sul cimitero. Come dire che il legame con il territorio si costruisce con le generazioni che si susseguono nel tempo.

Delle famiglie ‘storiche’, nobili e non solo, delle Valli del Noce da gennaio sul nostro mensile se ne occuperà una nuova rubrica curata da Paolo Turri, trentino di nascita e rotaliano di residenza, a cui do un cordiale benvenuto nella famiglia de “Il Melo”.

Fin da bambino con la passione del clarinetto e poi violino e viola, Paolo Turri ha studiato musica mentre seguiva i corsi all’Università statale di Milano dove si è laureato in Scienze Naturali.

L’attività di musicista lo vede impegnato in centinaia di concerti ed esibizioni, con orchestre e formazioni musicali, sia in Italia, che all’Estero: musica operistica, sinfonica e barocca, con strumenti originali.

Ha insegnato violino e coro presso varie istituzioni, tra cui la scuola ‘C. Eccher’ delle valli del Noce. Colleziona e restaura i propri strumenti musicali, essendo anche grande appassionato di antiquariato.

Attualmente è Ia viola dell’Orchestra Aurona di Trento, diretta da Claudio Vadagnini, con realizzazione anche di opere in lingua ladina, nei teatri del territorio regionale.

Da anni fa parte delle guide dei beni ecclesiastici della Diocesi di Trento e con il diploma della Scuola Statale di Archivistica, Paleografia e Diplomatica, presso l’Archivio di Stato di Bolzano ha potuto approfondire altre passioni di una vita, quali la storia locale e, specie negli ultimi anni, materie specifiche quali la genealogia e araldica.

Per questo anche su commissione ha curato ricerche nel campo della storia di famiglie locali e non, e collabora con realtà culturali come l’‘Associazione Castelli del Trentino’, di cui è socio dal 2019.

Una passione che ora condividerà con i lettori de “Il Melo” e siamo curiosi di conoscere le sue storie. Giacomo Eccher

Quanto la storia e le storie di famiglia fanno parte del nostro vivere quotidiano? Potrebbe essere una domanda interessante per tutti e senz’altro lo è, se anche il grande poeta tedesco J.W. Goethe scriveva:“Felice colui che ricorda con piacere i suoi antepassati; che conversa con estranei su di essi, sulle loro azioni, sulla loro grandezza e che sente una segreta soddisfazione nel vedersi come l’ultimo anello di una bella catena”. Questa ‘catena’, quella data dalla successione di padre in figlio, di nonno in nipote, ma anche di mamma e di nonna in nipote, ovvero la ricerca del legame tra i propri antenati, la loro valorizzazione (come appunto diceva quel grande poeta) si configura con la genealogia, che assieme alla storia di famiglia non è più esclusivo vanto dell’alta nobiltà: ad es. conti e baroni.

Sempre più spesso oggi si può cercare con successo anche la storia di famiglie più ‘umili’, di nobiltà minore magari o anche di estrazione ‘borghese’.

Ci vengono allora incontro i tantissimi documenti conservati specie negli archivi trentini ed altoatesini, una delle ‘miniere culturali’ più ricche in assoluto, quanto a storia e documenti d’epoca, anche rispetto ad altre regioni italiane e non.

Infatti, come spesso si legge nei libri per la presenza nelle nostre zone di un Principato Vescovile e della contea del Tirolo (ancor più sentita nelle valli di Non e Sole, per la dualità di governo che vissero), in Trentino e Tirolo fu particolarmente prolifica e rappresentata la classe della piccola nobiltà, premiata per la fedeltà ora al vescovo, ora al conte del Tirolo.

Nei prossimi mesi, dunque, grazie al sostegno che fin da subito mi è stato accordato tanto dall’editore, quanto dal direttore di questo bellissimo mensile, che ringrazio ancora, cercherò di entrare insieme a voi lettori nelle storie di tante famiglie nonese, solandre e della piana Rotaliana: storie passate di secoli, fatte di cognomi, personaggi anche molto noti, concessione ed uso di stemmi (con circa una settantina di nuovi scoperti dallo scrivente), presenza di notabili o ecclesiastici, palazzi, case, chiese, ritratti e tutto ciò che ha fatto anche la storia delle diverse comunità, in quanto supportato necessariamente dalla storia delle rispettive famiglie.

Oggi, come dicevo all’inizio la storia di famiglia, continua ad essere fatta sempre su due fronti essenziali: la genealogia, da un termine greco che significa ‘discorso sull’origine’ e l’araldica, la scienza del blasone, ovvero di quelle figure naturali (piante, animali, elementi del paesaggio) o artificiali (oggetti, architetture) che, assemblate e disegnate su uno scudo antico, rappresentano proprio la storia della famiglia in sintesi e in maniera simbolica appunto, ma efficace.

Rispetto al passato però, per la genealogia abbiamo a disposizione, oltre agli atti delle parrocchie, anche le pergamene e documenti di moltissimi archivi che, fino a non molti decenni fa, erano esclusi dalla fruizione pubblica; e poi c’è anche il nuovissimo fronte dello studio del DNA (interessante per me, in quanto sono laureato anche in scienze naturali), che può dirci in sostanza che ‘giro’ hanno fatto i nostri avi più antichi, di molti secoli e addirittura millenni fa, anche se non ne disponiamo più dei loro nomi e loro gesta.

Per quanto riguarda l’araldica, dobbiamo invece sfatare un mito ‘negativo’, che ancora troppo spesso permea la cultura storica, anche ad alti livelli: lo stemma non lo possiedono solo le famiglie nobili!

Infatti, spesso gli stemmi nascono per la necessità di darsi un simbolo peculiare, in un mondo dove spesso ancora tanti non sapevano né leggere, né scrivere.

Era una norma fin dal Medioevo, che qualsiasi persona libera, quindi anche di classe borghese o contadina, potesse rappresentare sé e quindi poi anche la famiglia con un simbolo, uno stemma appunto, con la sola regola di non ‘copiare’ o usurpare insomma stemmi altrui, specie nell’ambito della comunità o del governo territoriale.

Chiudo quindi con l’auspicio che vi possa interessare questa nuova rubrica, che possiate ritrovare storie di famiglie, scoprendo che sono legate in qualche modo anche alla vostra e che troviate in essa quel piacere, nel rendersi conto di essere anelli di una stessa catena, che spesso si è trovata intrecciata con altre catene, a formare quell’immensa rete di legami e fatti, che in definitiva chiamiamo “Storia”.

Paolo Turri