Là dove pascolavano le vacche

Là dove pascolavano le vacche

Lo scorso mese abbiamo esplorato il mondo dell’alpeggio attraverso un’intervista con Giacomo Broch, presidente della Federazione Provinciale Allevatori, mettendo in luce sia i valori tradizionali di questa pratica, sia le difficoltà che oggi ne minacciano la sopravvivenza.

In questo numero, approfondiamo ulteriormente il tema con una intervista ai funzionari del servizio agricoltura dell’Ufficio periferico di Cles, Adriano Pinamonti e Gianpaolo Maini. Scopriremo il quadro attuale della monticazione, gli interventi già avviati per supportare l’attività e le strutture, e le strategie possibili per il rilancio delle malghe e dell’alpeggio.

Qual è l’attuale situazione degli alpeggi in valle di Non e come si sta evolvendo?

In Val di Non sono censite storicamente 55 malghe, quasi tutte di proprietà pubblica, in capo ai comuni o alle ASUC. A partire dagli anni 60 del secolo scorso, contestualmente allo sviluppo della frutticoltura e al graduale abbandono degli allevamenti soprattutto nella bassa e media Val di Non alcune malghe sono state abbandonate oppure dedicate ad attività diverse. Negli ultimi decenni la situazione, dal punto di vista del numero di malghe attive risulta abbastanza stabile, mentre stanno calando le malghe con la trasformazione e vendita diretta sul posto. Attualmente le malghe attive sono 34 e ospitano circa 3000 UBA (Unità di misura equivalente a un capo bovino adulto) rappresentati in maggioranza da bovini e in misura ridotta da equini, ovini e caprini. La superficie complessiva del pascolo effettivamente utilizzato è di circa 3000 ettari.

La maggior parte delle malghe sono alpeggiate con bestiame asciutto, solo 9 malghe ospitano vacche o capre da latte, di cui 8 effettuano la trasformazione del latte e la vendita diretta, quasi sempre accompagnata anche da attività di agriturismo con somministrazione di prodotti tipici. La situazione della valle di Non rispecchia quanto succede nell’intero territorio provinciale dove le malghe attualmente attive sono circa 300 a fronte delle 700 censite storicamente.

Chi sono i gestori degli alpeggi?

Storicamente la maggior parte degli alpeggi era tradizionalmente gestita dalle società degli allevatori che facevano riferimento al comune o alla frazione proprietaria della malga. Attualmente in Valle di Non rimangono solamente 4 gestori “collettivi”.

Le altre malghe sono in prevalenza concesse in affitto ad allevatori locali che gestiscono la malga in maniera diretta e ospitano gli animali propri, oltre a prendersi in carico anche animali di altri allevamenti.

Attualmente 4 alpeggi sono gestiti da allevamenti o altri soggetti provenienti da altre zone del Trentino oppure da fuori provincia. Questa tipologia era più diffusa fino a qualche anno fa, anche per effetto degli incentivi della PAC (Politica agraria dell’Unione Europea), che a partire dai primi anni del 2000 aveva favorito le aziende con disponibilità di titoli PAC ad alto rendimento. Queste aziende nel periodo fra il 2005 e il 2020 erano disposte a pagare canoni di affitto che talvolta superavano i 200 euro per ettaro di pascolo.

L’Unione Europea con le recenti riforme ha ridotto in maniera graduale i valori dei titoli puntando gradualmente a un valore medio disponibile per tutti gli allevatori. Questo processo, definito di “convergenza”, ha ridotto l’interesse delle aziende provenienti da fuori provincia e ha riportato i canoni di affitto degli alpeggi a prezzi più accessibili per gli allevatori locali, che a loro volta possono disporre di titoli PAC a sostegno del reddito.

Ci sono interventi della Provincia per il miglioramento delle malghe e degli alpeggi?

Le strutture di malga hanno bisogno di miglioramenti strutturali per permettere ai gestori di soggiornare in modo dignitoso durante la stagione estiva e per consentire il ricovero degli animali e la lavorazione del latte nel rispetto delle norme igienico sanitarie.

Per questi motivi la Provincia di Trento interviene a sostegno delle malghe e degli alpeggi con due forme di intervento: la prima per la ristrutturazione degli edifici e la seconda per il miglioramento dei pascoli.

Gli interventi strutturali sugli edifici (stalle e casere) hanno interessato nell’ultimo triennio 19 malghe, di cui 3 nella zona Val di Non. Sono stati investiti circa 11 milioni di euro mediante l’attivazione di un bando ai sensi dell’articolo 25 della L.P. 4/2003 con un contributo a fondo perduto a favore degli enti proprietari fino all’80% della spesa ammissibile.

Gli interventi strutturali per il miglioramento del pascolo vengono finanziati mediante l’accesso alla misura SRD04 del PSP 2023-2027 (Sviluppo rurale del Piano strategico Nazionale della PAC). La misura viene gestita dal Servizio Foreste della Provincia di Trento. Sono previsti finanziamenti per interventi di ripristino e bonifica del pascolo, abbeveratoi, recinzioni, recinti con elettrificazione a difesa dei grandi carnivori, sistemazione delle strade di accesso.

Sono previsti incentivi a favore dei gestori degli alpeggi e degli allevatori?

Sono previsti incentivi nella forma di sostegno al reddito sia per i gestori degli alpeggi sia per gli allevatori che portano in alpeggio tutti o una parte degli animali del proprio allevamento. Gli aiuti a favore dei gestori sono i premi di alpeggio e i titoli PAC. I premi di alpeggio sono previsti dalla misura 8.3 del PSP 2023-2027 (Sviluppo rurale del Piano strategico Nazionale della PAC) nella misura di 75 euro/ha di pascolo per le malghe con bestiame asciutto e 90 euro/ha per le malghe con vacche o capre da latte.

I titoli PAC mediamente valgono circa 170 euro/ha di pascolo e vengono liquidati annualmente in riferimento alla superficie netta del pascolo.

Gli aiuti a favore degli allevatori che portano tutti o parte degli animali allevati presso gli alpeggi estivi sono previsti in tre forme, tutte cumulabili tra loro e calcolate in riferimento agli animali effettivamente alpeggiati. L’importo complessivo per ogni UBA portato in alpeggio è di circa 500 euro.

Il primo intervento corrisponde al sostegno al reddito previsto dalla misura 13 del PSR (indennità compensativa). L’indennità compensativa viene liquidata annualmente agli allevatori nella misura media di circa 500 euro/ha di prato stabile e per la parte di alpeggio si calcola nella misura aggiuntiva di 0,4 ha per ogni UBA portato in alpeggio per almeno 60 giorni. Quindi il premio per ogni UBA in alpeggio corrisponde a circa 200 euro.

Il secondo intervento è riferito all’Eco schema 1.2 della PAC e per l’annualità 2024 è stato liquidato nella misura di 110 euro/UBA.

Il terzo intervento, previsto dall’art. 24 della L.P. 4/2003, è riservato ai giovani animali fra i 7 mesi e i 3 anni di età nella misura di 200 euro per ogni capo portato in alpeggio.

Conclusioni

L’alpeggio in Val di Non continua a svolgere un ruolo chiave nella gestione del paesaggio e nel mantenimento della biodiversità, pur dovendo fare i conti con dinamiche economiche e sociali in continuo mutamento. La riduzione degli allevamenti, l’evoluzione dei criteri della PAC e la trasformazione del ruolo delle malghe impongono una riflessione profonda sul futuro di questo sistema. Gli interventi strutturali e gli incentivi messi in campo dalla Provincia rappresentano un segnale importante, ma da soli non bastano: occorre un rinnovato impegno collettivo, che valorizzi le competenze locali, favorisca la presenza stabile sul territorio e riconosca l’alpeggio come risorsa strategica, non solo per l’agricoltura, ma per l’intera comunità montana. L’auspicio è quello di vedere giovani allevatori mettersi in gioco, consci delle difficoltà espresse, per dar nuova vita alle nostre montagne, patrimonio collettivo da valorizzare per il futuro.

Michele Odorizzi