COME SI GESTISCE UN BENE IN COMPROPRIETÀ?
La contitolarità della proprietà su uno o più beni è situazione con cui molti si trovano a fare i conti, anche a prescindere dalla loro volontà. Si pensi al caso della comunione ereditaria che viene a crearsi tra i figli sui beni ricevuti in eredità dai genitori.
La gestione dei beni in comunione spesso non è semplice, infatti sono frequenti i casi in cui tra i comproprietari vi è diversità di vedute in ordine alla gestione ed all’uso dei beni in comunione. Conflittualità, queste, che spesso sfociano in vere e proprie controversie legali.
Al fine di prevenire eventuali conflitti è quindi essenziale conoscere la normativa in materia. In questo articolo andremo quindi ad analizzare, seppur sommariamente, le norme dedicate dal nostro Legislatore alla gestione dei beni in comproprietà, cercando di individuare le principali regole da rispettare per addivenire ad una corretta gestione dei beni comuni.
Principio fondamentale in materia è quello dettato dall’art.1102 c.c., per cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Tale principio non è spesso facile da attuare, sia a causa del comportamento posto in essere da alcuni dei comproprietari che della natura stessa dei beni in comunione.
Si pensi al caso dell’appartamento in comproprietà. Qualora tutti i comproprietari intendano utilizzare tale immobile sarà difficile addivenire ad un uso contestuale dello stesso da parte di tutti i contitolari. Sarà quindi opportuno che questi ultimi concordino un uso turnario dell’immobile, così da garantire a ciascuno dei comproprietari la possibilità di godere del bene.
Ove le decisioni in ordine alla gestione dei beni in comproprietà dovessero essere sempre prese all’unanimità sarebbe difficile, se non impossibile, gestire con profitto i beni in comunione. Per questo motivo il Legislatore ha previsto che alcune decisioni relative a tali beni possano essere adottate a maggioranza e non all’unanimità.
In particolare, gli atti di ordinaria amministrazione possono essere deliberati dall’assemblea dei comproprietari a maggioranza semplice, calcolata per quote. A mero titolo esemplificativo e non esaustivo potranno essere deliberati con tale maggioranza: gli atti volti a conservare i beni in comunione che non apportano importanti innovazioni o modifiche agli stessi; la nomina di un amministratore per la gestione dei beni in comunione; l’adozione di un regolamento volto a garantire il miglior godimento dei beni comuni; l’eventuale uso turnario di un immobile in comproprietà ecc. …
Gli atti di straordinaria amministrazione andranno invece deliberati dai comproprietari con una maggioranza che rappresenti almeno i due terzi del valore dei beni in comunione. Con tale maggioranza potrà ad esempio essere deliberata l’esecuzione sui tali beni di interventi di straordinaria amministrazione ed innovazioni, come: “la ristrutturazione di un appartamento, il rifacimento del tetto, la trasformazione di un giardino in parcheggio ecc.” …
Vi sono infine atti che, per il loro rilevante impatto, non possono essere deliberati a maggioranza, potendo essere posti in essere solamente con l’accordo di tutti i comproprietari.
Trattasi, a mero titolo esemplificativo, degli atti di straordinaria amministrazione che potrebbero recare pregiudizio al godimento del bene comune anche di uno solo dei comproprietari, gli atti di vendita o di costituzione di diritti reali (es. servitù di passaggio) sui beni in comunione, le locazioni ultranovennali di immobili comuni ecc. …
Sia le delibere riguardanti gli atti di ordinaria che di straordinaria amministrazione, se adottate nel rispetto dell’iter deliberativo e delle maggioranze ex lege previste, sono vincolanti anche per l’eventuale minoranza dissenziente, la quale dovrà quindi anch’essa farsi carico delle spese derivanti dalle delibere così assunte. Infatti, l’art.1104 c.c. stabilisce il principio per cui ciascun partecipante alla comunione deve contribuire alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune ed alle spese deliberate dalla maggioranza. Va peraltro precisato che tutti i comproprietari hanno diritto a partecipare all’amministrazione delle cose comuni, pertanto, requisito essenziale per poter giungere ad una valida delibera, è che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione. Ciò per garantire a ciascun comproprietario di assumere una decisione consapevole e meditata sull’oggetto della delibera.
Qualora i comproprietari non riescano a raggiungere un accordo sulla gestione dei beni comuni o nell’ipotesi in cui non sia stata data attuazione delle decisioni deliberate, ciascuno dei comproprietari potrà agire in giudizio chiedendo all’Autorità Giudiziaria di adottare i provvedimenti più opportuni per una corretta gestione dei beni in comunione o per dare attuazione alla delibera rimasta ineseguita.
Resta in ogni caso fermo il diritto di ciascuno dei partecipanti alla comunione ad adire l’Autorità Giudiziaria per ottenere la divisione dei beni in comunione.
Le questioni relative alla gestione dei beni comuni sono spesso assai complesse, pertanto, si consiglia a chi dovesse trovarsi ad affrontare una problematica di tal fatta di rivolgersi ad un legale, il quale saprà senz’altro fornire i consigli più opportuni ed adeguati a fronteggiare la questione posta dal caso concreto.

